« XX Congresso provinciale CGIL Siena – le foto | Home | Epifani, difesa diritti del lavoro già centrale per lo sciopero generale del 12 marzo »
Epifani sullo sciopero di venerdì
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Marzo 8, 2010
Intervista a Guglielmo Epifani. Il segretario Cgil lancia lo sciopero di venerdì. Tasse: «Penso a un’alleanza con la parte del Paese che rispetta le regole contro la parte che fa la furba»
07/03/2010 | Unità | Epifani
«Articolo 18 e fisco Il governo usa la crisi contro i lavoratori»
Deroghe al posto di regole. «La deroga non è più un fatto eccezionale, ma la norma. Vale per il diritto del lavoro, per le liste elettorali, per non parlare dello straordinario problema di legalità che c’è sul fisco».
Reduce dal tour de force dei congressi di base che gli hanno assegnato un forte consenso interno alla Cgil, Guglielmo Epifani parla dello sciopero generale di venerdì prossimo. Fisco, redditi, migranti, diritti del lavoro:
«La nostra è una vertenza sindacale, non una petizione. Non abbiamo avuto risposte dal governo, per questo scioperiamo». «La battaglia sul fisco – spiega – è di quella parte del Paese che rispetta le regole contro l’altra parte che fa la furba. Per questo penso a un’alleanza sociale, anche con quegli imprenditori che le tasse le pagano. E non rinuncio a costruire un fronte unitario con Cisl e Uil». Unosciopero generaledi4orecheè già al centro delle polemiche.
Perché la Cgil sciopera? «Per buoni motivi. Il primo è legato alla crisi e alle risposte che non sono state date ai lavoratori. Aumenta il ricorso alla cassa integrazione e alla disoccupazione eppure non si vuole allungare il periodo della cig, né aumentare il valore dell’assegno, né si prendono misure per i precari: non si è messo mano a nessuna riforma degli ammortizzatori. E non c’è una politica industriale in grado di dare risposte serie e non occasionali alla crisi dei grandi gruppi. Stiamo parlando di diritti dei lavoratori, e già a dicembre quando lo sciopero venne proclamato esprimemmo un giudizio molto critico sul provvedimento che si andava profilando in Parlamento: cioè il processo del lavoro la controriforma del lavoro. Erano nella piattaforma dello sciopero fin dall’inizio ».
Quindi anche l’articolo 18? «Evidentemente. E chiaro che oggi c’è una ragione in più, perché quel provvedimento è legge».
L’articolo 18 ha un suo valore anche simbolico, ma quelle norme vanno oltre. Dove colpiscono? «Riducono i diritti dei lavoratori per equiparare il diritto del lavoro al diritto commerciale dove le parti sono considerate uguali. La Costituzione, invece, afferma con forza che il lavoratore è la parte più debole nel rapporto di lavoro e per questo va tutelato. A 40 anni dalla sua nascita, possiamo dire che questa è una vera controriforma del fondamento che è alla base dello Statuto dei lavoratori e della successiva giurisprudenza sul lavoro». Questa operazione avviene mentre migliaia di persone perdono il lavoro a causa della crisi:da un lato si perde il lavoro, dall’altro si rende più facile licenziare.
È un’arrogante provocazione o solo casualità? «Io penso che sia un fatto voluto. Si fanno queste operazioni quando c’è la crisi perché il sindacato è più debole. Era già accaduto con i contratti quando si è voluto imporre un nuovo modello senza la Cgil. Ora nella crisi, sì è voluto forzare con norme che indeboliscono il lavoratore nella difesa dei suoi diritti».
Sergio Cofferati si è detto sorpreso per il silenzio che ha accompagnato l’iter di questa legge. È un rimprovero al centrosinistra ma anche a voi per non aver costruito il clima, la sensibilità che si creò nel 2002. Ha torto? «Per quello che riguarda la Cgil non è così, ci siamo opposti da subito. La differenza tra allora e oggi è la pesantezza della crisi che è diventato il cuore della nostra iniziativa. Stiamo parlando di 500mila lavoratori che hanno perso il posto e di altrettanti tra cassintegrati e precari tagliati fuori. E c’è, di differente, che il governo non ha scelto questa volta lo scontro frontale, ma ha agito per vie parlamentari attraverso una serie di norme apparentemente più deboli. Ma noi la prima denuncia l’abbiamo fatta nel settembre 2008 e c’è da chiedersi perché nessuno la sostenne con noi. E dove fossero anche i giornali più a sinistra quando in un convegno con l’Associazione dei magistrati, circa due mesi fa, denunciammo la pericolosità di quel disegno e la sua incostituzionalità. Non sono uscite neanche due righe».
Lo sciopero è anche per chiedere interventi fiscali. Quali? «Innanzitutto è ora di dire basta a promesse che restano lì mentre il fisco continua a erodere salari e pensioni. Sono aumentate le tasse sui redditi da lavoro dipendente e pensioni nel 2009 e aumenteranno nel 2010 e nel 2011 e 2012 a parità di potere d’acquisto, questo per il drenaggio fiscale. Non possiamo aspettare oltre. Il terzo argomento riguarda le politiche di accoglienza dei migranti,, la cittadinanza per chi nasce qui, l’allungamento dei permessi per chi perde il lavoro. Non è stato fatto nulla».
Il leader della Cisl, Bonanni, parla del vostro sciopero come di un fuoco di paglia mentre lui sul fisco sta costruendo un percorso. Colpisce che le tre centrali sindacali pongano al centro il fisco e lo facciano separatamente. Quanto alla Cgil, Epifani, se la cava con un fuoco di paglia? «Per noi è una vertenza: implica una piattaforma, la richiesta di un incontro, la verifica di eventuali risposte, fino alla mobilitazione e alla lotta. Per gli altri è una richiesta, una pura petizione a cui non corrisponde nulla. Con Cisl e Uil decidemmo uno sciopero generale sul fisco in quelli che poi sarebbero stati gli ultimi mesi del governo Prodi: perché due anni fa si poteva scioperare assieme per chiedere le stesse cose che oggi la Cgil continua a chiedere con lo sciopero e gli altri chiedono solo voce?. Perché ieri sì e oggi no? Perché è cambiato il colore del governo?
Bonanni e Angeletti dicono che c’è la crisi, ecco cos’è cambiato… «Se durante la crisi i lavoratori continuano a pagare sempre più tasse vuol dire che la crisi viene usata contro i lavoratori. La verità è che Cisl e Uil a livello locale scioperano e manifestano e a livello nazionale, no».
Comunque questa separatezza si capisce meno di altre.
«Infatti io credo che una battaglia sul fisco come questa abbia bisogno di alleanze sociali. Quindi insisto per la costruzione di un fronte comune con Cisl e Uil. Ma ci sono imprenditori, artigiani, che le tasse le pagano e possono aver interesse a muoversi: questa è una battaglia della parte del Paese che rispetta le regole contro la parte del Paese che fa la furba. Inoltre, nel momento in cui il lavoro diventa più scarso c’è il dovere di abbassare le tasse sul lavoro e spostare di più il peso del fisco sulle grandi rendite, i patrimoni, l’evasione fiscale. È una battaglia che si può e si deve fare allargando il fronte sociale, la Cgil si adopererà per questo».
Quindi dallo sciopero di venerdì anche un invito a lavorare insieme con la parte di Paese che ci sta? «Si. Angeletti ha detto che se il governo non dovesse dare risposte entro l’estate, la Uil si mobiliterà: mi aspetto che si possa ripartire unitariamente sul fisco. Oggi la tiriamo avanti noi perché c’è una eccessiva timidezza degli altri, mentre si deve stare in campo se si crede in quello che si chiede».
Quelle della Cgil non saranno le sole proteste di piazza questa settimana, c’è mobilitazione per come sta andandola vicenda delle liste elettorali. Queste manifestazioni hanno qualcosa in comune? «Io vedo crescere l’insofferenza, per un governo che contro la crisi sta galleggiando e per come piega le regole secondo le circostanze. Condivido Bersani quando dice che non siamo più il Paese delle regole, ma delle deroghe, delle interpretazioni. La deroga non è più un fatto eccezionale, ma è la norma, vale per il diritto del lavoro e, come si è visto anche per le liste elettorali. Per non parlare dello straordinario problema di legalità che c’è sul fisco».
Felicia Masocco