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Il Segretario Generale Claudio Vigni intervistato da Stefano Bisi
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Settembre 6, 2010
D. Segretario Vigni, che autunno ci dovremo aspettare? Segnali di ripresa?
R. Un autunno difficile. Malgrado le ‘gran casse’ del Governo siamo in presenza di una ripresa molto tiepida – tra le più basse d’Europa. Purtroppo questa crescita limitata non consente di riassorbire tutta l’occupazione che è stata espulsa dal processo produttivo. A questi ritmi ci vorranno altri 6/7 anni per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi. Consideri che poi è stata fatta una manovra pesantissima che frenerà ulteriormente la ripresa, non solo nel 2010 ma anche nel 2011 e 2012.
D. E tutto questo che effetti avrà nella nostra provincia e sulla sua popolazione?
R. Da noi gli effetti saranno pesanti come nel resto d’Italia sui risvolti occupazionali ed avremo maggiori difficoltà nelle aree a maggiore vocazione industriale, penso alla Valdelsa, soprattutto mano a mano che finiranno gli ammortizzatori sociali. Poi ci saranno i riflessi che la manovra produrrà sulle fasce più deboli della popolazione con i tagli agli enti locali ed alle scuole. Meno servizi e minor sostegno sociale nel momento di maggiore necessità.
D. Ma si dice sempre che in provincia di Siena le cose vanno meglio che altrove…
R. Mi pare che oggi non sia più così. Il nostro tessuto produttivo fatto di piccole imprese ha difficoltà a competere, non è solo un problema senese, ma dell’intero Paese. Non a caso oggi la ripresa più corposa l’ha registrata la Germania, dove il tessuto produttivo è solido e dove si è puntato molto sulla qualità. Loro costruiscono auto costose pagando gli operai il doppio che in Italia e le vendono, da noi invece siamo sempre alla ricerca della riduzione dei costi e dei diritti e le auto italiane hanno poco mercato. Loro esportano la tecnologia in Cina e da noi c’è una cultura, che si è estesa ben oltre gli alvei tradizionali, che pensa di importare in Italia anche i ‘diritti’ cinesi.
D. Si riferisce alla FIAT a Pomigliano e a Melfi?
R. Sì, alla FIAT ma non solo, perché, come ho detto, la mentalità di Marchionne ha fatto proseliti, ma è un’idea di futuro perdente, perché vede solo una parte del problema. Se da un lato è giusto ricercare la produttività, ma direi soprattutto la qualità, questo non può avvenire mortificando il lavoro ed i diritti dei lavoratori. Quei lavoratori sono anche cittadini e contribuenti. E che contribuenti! I lavoratori dipendenti pagano oltre il 70% delle tasse di questo Paese. Colpire il lavoro, ridurre i diritti, abbattere i salari, significa avere un Paese sempre più povero che va indietro, dove la scuola di qualità, la sanità e tutti gli altri servizi saranno a disposizione dei pochi che potranno pagarseli. Ciò significherà mettere in discussione il nostro sistema di ‘welfare’ e con esso la coesione sociale dell’intero Paese. C’è un po’ di miopia in questo: a destra, a sinistra ed anche nello stesso mondo sindacale.
D. Come sono a Siena i rapporti tra CGIL, CISL e UIL?
R. Quando ogni giorno devi affrontare i problemi concreti e le difficoltà della crisi c’è poco tempo per perdersi in polemiche sterili ed anche questo ci aiuta ad avere una maggiore visione unitaria nell’interesse dei lavoratori. Tuttavia nel lungo periodo c’è il rischio che le frizioni che si registrano a livello nazionale producano effetti negativi anche a livello locale. Credo che questa situazione renda quantomai evidente la necessità di una norma sulla rappresentanza sindacale che dia maggiormente peso alle opinioni dei lavoratori per evitare che soggetti minoritari facciano accordi che hanno forza di legge e che valgono per tutti.
D. In questi giorni centinaia di precari della scuola stanno facendo lo sciopero della fame.
R. E’ una situazione drammatica che dovrebbe far riflettere i teorici della precarietà. Persone che per 20/25 anni si sono impegnate nella scuola per un tipo di attività che non è solo un lavoro, ma per tanti anche una vocazione, e che di punto in bianco si ritrovano fuori, con la famiglia da mantenere, con il mutuo da pagare e senza nessun ammortizzatore sociale. Tutti dovremo comprendere il dramma di queste persone. Come si fa ad avere ¼ del corpo insegnante precario? Forse si pensa che l’anno successivo verrà a mancare il 20% degli studenti? E’ una cosa inaccettabile che deprime la qualità della scuola pubblica e provoca effetti gravissimi sulla continuità didattica degli studenti.
D. Gli studenti, alla fine, sono tra coloro che pagano il prezzo più alto.
R. Lo pagano gli studenti, ma anche le famiglie ed il Paese. Quando abbiamo classi anche con 34/35 ragazzi è giocoforza che per terminare il programma gli ultimi dovranno essere abbandonati a loro stessi – l’esatto contrario di una società inclusiva. Ciò produrrà costi sociali futuri enormi per l’Italia ed una scarsa potenzialità competitiva legata alla conoscenza, alla ricerca ed all’innovazione, visti anche i tagli continui che colpiscono le università. Con giovani che arrivano all’appuntamento del lavoro sempre con maggiori difficoltà.
D. In effetti i giovani stanno pagando un prezzo pesante per questa crisi.
R. Certamente i giovani sono tra i più colpiti dalla crisi, basta pensare che oltre il 29% è senza un lavoro, un dato tra i peggiori d’Europa, ma questa situazione poi ricade anche sulle famiglie e sugli anziani che spesso fungono da ‘ammortizzatore sociale’ a sistegno dei giovani.
D. Cosa dovremo fare per cambiare questa situazione?
R. Ci vorrebbe un Governo che pensasse ai problemi della gente, che discutesse di come creare occupazione, ricerca e sviluppo e non di come fare la legge sulle intercettazioni o il processo breve per creare l’impunità per qualcuno mentre sono mesi che manca il Ministro per lo sviluppo economico.
D. Lei critica il Governo, ma anche a sinistra…
R. Sì, in effetti la sinistra potrebbe fare molto di più per mettere al centro i problemi del lavoro e purtroppo questo incide sulla fiducia dell’intera classe politica. Mentre noi abbiamo bisogno di una buona politica, senza quella saranno sempre i più deboli a pagare. I ricchi alla fine se la cavano sempre.
D. E a Siena?
R. Devo dire che da noi abbiamo fatto un ottimo lavoro con l’Amministrazione Provinciale sul fronte del sostegno sociale e della gestione delle crisi delle tante aziende in difficoltà. La scelta della Provincia di divenire carbon-free entro il 2015 dovrebbe farci accelerare il progetto di costruire nuovi posti di lavoro nella ricerca e nell’utilizzo delle fonti rinnovabili oltre che proseguire l’impegno sui settori ad alto contenuto innovativo come le biotecnologie.
D. Proprio recentemente è stato formulato dal PD un questionario su come dovrebbero essere investite le risorse della Fondazione.
R. Mi sembra una buona iniziativa, rilanciata anche dal ‘Corriere di Siena’, perchè non può essere che di fronte ad una crisi così pesante il meccanismo delle erogazioni rimanga invariato. Personalmente manterrei quella parte che riguarda il sostegno sociale e concentrerei il resto delle risorse su 2/3 progetti importanti, validi per tutta la provincia, in campo infrastrutturale e in quello della scuola e della ricerca. Progetti da apprezzare perché portatori di una forte innovazione.
D. Possiamo chiudere con una nota di speranza?
R. Certamente sì, guardare alle difficoltà non deve farci allontanare dalla speranza del cambiamento. La situazione è molto difficile, ma ogni giorno ci sono tanti lavoratori ed imprenditori impegnati per far andare avanti le loro aziende che non si rassegnano ad essere sopraffatti dalle difficoltà. Perché per tutti quell’azienda è un valore e quel lavoro rappresenta la dignità, non solo un salario. E’ per questo che siamo vicino agli operai di Melfi reintegrati ed ai quali non è consentito di lavorare e a tutti quei lavoratori che con questa crisi hanno perso il lavoro o ai giovani che non lo trovano.
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