17/01/2011 da www.cgil.it
Camusso, nelle parole di molti dirigenti FIOM e CGIL sembra che al referendum di Mirafiori abbia perso Marchionne. Non è troppo? Marchionne sarebbe stato sconfitto perché non ha stravinto?
«Non si può dire una cosa simile e io, infatti, non la dico. Penso, però, che il progetto della FIAT non abbia raccolto il consenso degli operai».
Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, sta concludendo la sua interminabile giornata. Notte insonne ad aspettare il risultato di Torino, poi la lunga riunione del Direttivo confederale con un via libera, sorprendentemente senza alcun voto contrario, alla proposta per la rappresentanza sindacale. Questa sì, una sua vittoria. Volto stanco, una sigaretta dopo l’altra nel suo ufficio che ancora risente del recente passaggio delle consegne tra Guglielmo Epifani e lei.
«Non si può ragionare come se fosse una partita di calcio in cui vince chi fa più gol. E nemmeno la vita in una fabbrica assomiglia a una partita di pallone. Non si governa un luogo di lavoro con l’autoritarismo. Ecco, a Marchionne vorrei dire di fermarsi. Basta strappi. Ora non è un sindacato che ostacola il suo progetto, ora sono i lavoratori che gli hanno detto che non si può andare avanti così».
Ma al referendum hanno prevalso i sì. Lei riconosce il risultato?
«Certo che lo riconosco. Ma riconoscere il voto significa anche guardare come è composto. Perché tra gli operai la distanza tra il “sì” e il “no” è stata di soli 9 voti. E se si guarda al voto degli operai, quelli del montaggio e delle lastrature, che direttamente vedranno cambiare le loro condizioni di lavoro dall’accordo ad excludendum, si vede che lì il “no” prevale. Questo vuol dire che il voto è determinato dalla condizione personale».
Resta il fatto che ha vinto il sì.
«D’accordo, ma qualunque persona ragionevole vede che da Mirafiori arriva anche un altro messaggio: non c’è solo il comando autoritario nei confronti dei lavoratori. Nessuno riuscirà a convincermi che l’autoritarismo è più efficiente a produrre qualità nel processo e nei prodotti di quanto possa esserlo una condizione consensuale».
La FIOM dovrebbe firmare l’accordo?
«Non è questa la questione. Dobbiamo continuare a ragionare insieme su come si fa a stare dentro la fabbrica. Il problema riguarda anche CISL e UIL perché non penso che si possa subire l’accordo così com’è togliendo ai lavoratori il diritto di eleggere i propri rappresentanti. Abbiamo un anno di tempo per trovare una soluzione».
Si deve riaprire la trattativa?
«Spetta alla FIAT meditare sul risultato. Io penso che una fabbrica non si governa con il comando e contro i lavoratori. E domando al “governo tifoso”: è questo il modello di Paese che propone?».
Considera quello degli operai di Mirafiori un “voto di classe”?
«E´ un voto di condizione. Il problema di oggi non è tanto quello della classe quanto quello dell’unità dei lavoratori e del lavoro. La scomposizione del lavoro è stata così complicata che non si può interpretare con le categorie tradizionali».
Marchionne parla di scelta lungimirante da parte dei lavoratori contro l’immobilismo di chi parla e aspetta. Di fatto ha detto che è stato un voto contro la CGIL.
«Marchionne continua la sua campagna contro il Paese e continua a giudicare questo Paese immobile. Io credo che non si possa caricare sui cinquemila lavoratori di Mirafiori quello che lui reputa un cambio positivo».
Cosa farete quando la FIAT vi proporrà le stesse condizioni per gli stabilimenti di Cassino, Termoli e Melfi?
«Non so se succederà. Ho il timore che, senza un vero piano industriale, si andrà avanti così, a strappi. Confido però che persone intelligenti, come Marchionne, comprendano che, dopo il voto, non si può riproporre questo schema. Direi a Marchionne di fermarsi».
Chiuse le urne, cosa pensa dell’atteggiamento della sinistra politica in questa vicenda?
«Che non ha un’idea, che non ha una bussola. Ho visto una enorme invasione di campo. Eppure alla politica non spetta schierarsi con l’una o l’altra posizione sindacale. La politica dovrebbe dire qual è l’idea di paese che propone. Anche per i lavoratori di Mirafiori. Va da sé che questo vuoto vale soprattutto per la maggioranza e il governo che ha anche rinunciato a svolgere il suo ruolo istituzionale. Ma in quale altro paese del mondo il premier avrebbe detto le cose che ha detto Berlusconi!». |