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Crisi: serve politica economica, governo sottovaluta rischi
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Maggio 23, 2011
Crisi: CGIL, serve politica economica, governo sottovaluta rischi |
Il rapporto annuale 2010 dell’ISTAT conferma un’Italia in crisi, indietro di dieci anni. Un italiano su quattro a rischio povertà. Crescono i disoccupati, soprattutto giovani, gli scoraggiati e i Neet. Per la CGIL la situazione fotografata dall’Istituto nazionale di statistica dimostra “l’inadeguatezza di un governo che non vuole ricercare una politica economica, sottovalutando così i rischi che il paese corre” |
23/05/2011
da www.cgil.it Sono circa 15milioni, ossia il 24,7%, gli italiani a rischio povertà o esclusione sociale. Le principali vittime: gli anziani e le famiglie numerose, il 57% delle quali vive nel mezzogiorno. Un dato preoccupante, diffuso dall’ISTAT nel suo rapporto annuale che evidenzia le difficoltà del nostro Paese ad uscire dalla crisi. Difficoltà inoltre confermate dai valori relativi ai disoccupati, agli scoraggiati e ai giovani senza lavoro: nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532mila unità, i più colpiti sono stati i giovani tra i 15 e i 29 anni e le donne; nel corso del 2010 sono 2 milioni gli italiani che hanno rinunciato a cercare lavoro e circa 2milioni sono i giovani che non studiano e non lavorano. La fotografia sull’Italia scattata dall’ISTAT “ci dà ragione, dice cose che stiamo dicendo da tempo”. Ha affermato il leader della CGIL, Susanna Camusso, “abbiamo sempre sostenuto che il grande problema di questo Paese è l’occupazione e in particolare quella giovanile e delle donne, è questa la grande sfida che l’Italia ha davanti – ha aggiunto la leader della CGIL – bisogna smettere di colpevolizzare i giovani”. Dati preoccupanti che secondo la CGIL, “richiamano ad una responsabilità che non può più essere disattesa pena la drammatizzazione di una situazione sociale che vede migliaia di famiglie senza prospettiva e altrettanti giovani senza futuro”. Per Vincenzo Scudiere, Segretario Confederale CGIL, “la bassa crescita, mezzo milione di giovani che hanno perso il posto di lavoro, il risparmio eroso perché utilizzato come ammortizzatore sociale, insieme alle condizioni in cui versano centinaia di migliaia di imprese e con una Cassa integrazione in deroga che imperversa, mostrano – osserva il sindacalista – l’inadeguatezza di un governo che non vuole ricercare una politica economica sottovalutando così i rischi che il paese corre”. L’Italia indietro di 10 anni. Secondo l’ISTAT, “la crisi ha portato indietro le lancette della crescita di ben 35 trimestri, quasi dieci anni” e l’attuale “moderata ripresa” ne ha fatti recuperare 13. Nel decennio 2001-2010 l’Italia “ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i Paesi dell’Unione europea, con un tasso medio annuo di appena lo 0,2% contro l’1,3% registrato dall’UE e l’1,1% dell’UEM”. Il livello del PIL nel 2010 “è risultato ancora inferiore di 5,3% rispetto a quello raggiunto nel 2007, mentre il divario da colmare è del 3,7% nel Regno Unito, del 3% in Spagna e di appena lo 0,8% e lo 0,3% in Francia e in Germania”. Pesante l’impatto della crisi sull’occupazione. Il rapporto annuale ISTAT rileva come nel biennio 2009-2010 il numero di occupati in Italia è diminuito di 532mila unità. I più colpiti sono stati i giovani tra i 15 e i 29 anni, fascia d’età in cui si registrano 501mila occupati in meno. L’oltre mezzo milione di occupati in meno (-2,3%) in due anni è, quindi, il risultato di una perdita di 501 mila posti tra gli under 30 (-13,2%), di un calo dei 322 mila unità nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 49 anni (-2,3%) e di un aumento di 291 mila occupati tra gli over-50 (+5,2%). 2 milioni gli italiani che hanno rinunciato a cercare lavoro, di questi, come sottolinea l’ISTAT, 1,5 milioni sono effettivamente “scoraggiati”, ovvero hanno deciso di smettere di cercare un impiego perchè convinti di non poterlo trovare, mentre circa 500mila sono ancora in attesa degli esiti di passate ricerche. Gli scoraggiati sono ormai il 10% della popolazione inattiva, con una punta di poco inferiore al 16% nel Mezzogiorno. Si tratta di una percentuale ai vertici della classifica dei Paesi UE. Infatti “rispetto all’insieme dei Paesi dell’Unione, l’Italia registra un’incidenza più che doppia, sul totale delle non forze di lavoro (15-64 anni), degli inattivi scoraggiati”. 1 giovane su 5 nè studia nè lavora, sono oltre 2milioni nel 2010, +6,8% rispetto all’anno prima i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione, i cosiddetti NEET (Not in education, employment or training). Si tratta del 22,1% degli under 30, percentuale in aumento rispetto al 20,5% del 2009. L’incremento riguarda soprattutto i giovani del Nord Est, gli uomini e i diplomati, ma anche gli stranieri. Infatti, nel 2010, sono 310 mila gli stranieri NEET. La condizione giovanile è aggravata ancor di più dalla diffusa condizione di precarietà: la quota di lavoratori con contratti a tempo determinato o collaborazioni ha raggiunto il 30,8% del totale dei giovani occupati, mantenendosi oltre il milione di unità. |
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