Segretario Camusso, lei mercoledì scorso, dopo l’incontro con il governo, parlò di possibile sciopero generale contro la manovra economica in preparazione. Ora il decreto legge dei sacrifici è stato approvato: l’ipotesi dello sciopero si avvicina o si allontana?
«Dopo l’incontro con il governo dissi una cosa precisa: se la manovra avesse avuto tratti di forte iniquità noi l’avremmo contrastata anche con lo sciopero generale».
E ora cosa dice?
«Ora lo confermo. E aggiungo che il 23 agosto ci sarà una riunione straordinaria dei segretari generali delle categorie e delle strutture territoriali della CGIL per decidere la data della mobilitazione».
Quindi proclamerete lo sciopero?
«Non vedo un altro modo per cambiare l’iniquità di questa manovra».
Ma in un momento di emergenza nazionale, in cui da più parti si invoca la coesione, il ricorso al conflitto le sembra la soluzione più efficace?
«Guardi, questo è un interrogativo che, ovviamente, ci siamo posti anche noi. Siamo assolutamente coscienti e convinti che sia purtroppo necessario un intervento sui conti pubblici. A questa situazione ci hanno portato anche i tre anni passati durante i quali il governo ha negato la gravità della crisi. Così come ci è assolutamente chiaro che né le politiche monetariste europee, né gli interventi a livello mondiale, abbiano interferito con le ragioni che hanno provocato la crisi. L’appello di tutte le parti sociali nasceva da questa premessa. C’era uno sforzo comune per provare a costruire un quadro differente e soprattutto offrire una prospettiva al paese. E invece, per quel che finora si è potuto capire data la scarsezza delle informazioni da parte del governo, questa manovra “parla” solo a chi le tasse le paga già. Dall’altra parte i tagli agli enti locali mettono in discussione le prestazioni ai cittadini e, come sempre, in particolare ai più deboli. Continuo: colpire il lavoro pubblico è diventato uno sport nazionale, ma ora lo si fa con modalità mai viste. Ora la retribuzione stessa di un impiegato pubblico (la tredicesima non è altro che una parte della retribuzione) dipende dal comportamento del suo dirigente o addirittura da quello dello stesso ministro. Ma ci rendiamo conto? Davvero, è come se il governo, o qualche suo ministro, anziché porsi il problema di come tirare fuori dai guai il Paese, approfittasse della situazione per esercitare una sorta di vendetta nei confronti di chi lo ha contrastato».
Proporrete a CISL e UIL di scioperare con voi?
«Certo. L’abbiamo già detto e lo ribadiamo. A lavoratori e pensionati si chiedono sacrifici al di sopra delle loro stesse possibilità».
Pur tuttavia i dipendenti con reddito superiore ai 90 mila euro l’anno sui quali grava il contributo di solidarietà non sono esattamente la vostra base.
«La CGIL non ha mai ragionato in termini di contrapposizioni tra lavoratori. Siamo stati i primi, e lo rivendichiamo, ad aver proposto un contributo straordinario sui redditi superiori ai 150 mila euro, ma ciò che fa orrore nell’operazione del governo è che si colpisce esclusivamente chi già paga le tasse. Questo è ingiusto. Perché chi evade continuerà a guadagnare da tutto questo? Perché chi, evadendo, si è costruito grandi patrimoni immobiliari, viene salvaguardato?».
Per avere entrate certe non si può che andare a prendere i soldi dal reddito fisso. Anche gli altri Paesi europei l’hanno fatto.
«Già, ma non hanno fatto solo questo. La verità è che da noi si continua a proteggere una parte del Paese che per mille ragioni contribuisce alla situazione di difficoltà in cui ci troviamo, semplicemente perché evade. E la crescita? Dove sono le misure per la crescita?».
Per incrementare la produttività, le feste laiche nazionali si celebreranno sempre di domenica.
«E´ una misura a dir poco umoristica. Dicono che così fanno anche gli altri Paesi. Quali? Forse la Francia, la Germania o la Gran Bretagna rinunciano a festeggiare le loro ricorrenze nazionali se cadono durante la settimana? E il primo maggio è dovunque la festa del lavoro, con la sola eccezione dei paesi nei quali vige una dittatura».
Il governo ha anche trasferito in legge l’accordo con la Confindustria sulla contrattazione e la democrazia sindacale.
«Non c’è stato alcun trasferimento. No, no e no. Il governo ha fatto un’altra cosa: ha stravolto quell’intesa. Così vuol far saltare a piè pari il contratto nazionale. L’accordo tra le parti sociali è stata una soluzione di equilibrio tra diverse posizioni, qui c’è la volontà di qualcuno di affermare la sua tesi, secondo cui si può fare a meno del contratto nazionale».
Quel “qualcuno” è il ministro Sacconi?
«Sì. Ed è la prima volta che un fatto del genere accade nelle relazioni industriali».
L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non è stato toccato. Decideranno le parti, di volta in volta, se derogare alla norma che protegge dai licenziamenti senza giusta causa. Perché la CGIL è contraria?
«Questo è un vero pasticcio. I diritti dei lavoratori dipenderanno dalle condizioni della propria azienda. Chiederemo al Parlamento di cambiare anche questa norma. C’è il rischio concreto di una proliferazione di “accordi pirata”, firmati da sindacati di comodo. Queste sarebbero le misure per la crescita?».
Resta il fatto che questa manovra è stata in buona parte imposta dalla BCE. C’è una lettera firmata da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi.
«Io quella lettera non l’ho letta pur avendo chiesto al governo che la rendesse pubblica. Penso che la BCE abbia chiesto di anticipare il pareggio di bilancio nel 2013, ma non abbia detto come raggiungerlo».
Quale pensa che sarà martedì, alla riapertura dei mercati, il giudizio degli investitori sulla manovra?
«Non voglio pensarci. Sono preoccupata. Spero comunque che l’Italia non sia sottoposta a una nuova ondata speculativa».