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CGIL, il documento sulla produttività non convince. Il confronto rimane aperto
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Novembre 19, 2012
CGIL, il documento sulla produttività non convince. Il confronto rimane aperto
Il giudizio della CGIL resta negativo su alcune parti sostanziali del testo proposto, ritenendo che la scelta del Governo e delle controparti di considerare le condizioni di lavoro l’unica variabile della produttività su cui agire, ha fin dall’inizio segnato negativamente il negoziato
19/11/2012 da www.cgil.it
Il testo che le controparti hanno sottoposto al giudizio e alla firma delle organizzazioni sindacali dal titolo “linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia” contiene elementi non condivisibili.
La CGIL considera non esaurito il confronto, in particolare sul salario, sulla democrazia e sulle normative contrattuali. Il lungo confronto ha determinato, rispetto alle prime stesure, e grazie alla determinazione della CGIL, anche elementi d’avanzamento nella difesa della condizione delle persone e, proprio per questo, il negoziato merita la prosecuzione.
Il giudizio della CGIL resta negativo su alcune parti sostanziali del testo proposto, ritenendo che la scelta del Governo e delle controparti di considerare le condizioni di lavoro l’unica variabile della produttività su cui agire, ha fin dall’inizio segnato negativamente il negoziato, rendendo così la produttività da scelta strategica per lo sviluppo del Paese a riduzione del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici.
Nel merito del testo.
La CGIL continua a ritenere che il CCNL debba avere la funzione di tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni dell’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni singolo settore, incrementando i minimi tabellari che determinano anche le relative incidenze, mentre il secondo livello (che attualmente riguarda meno del 30% del lavoro dipendente) deve aggiungere risorse legate alla produttività nell’impresa. Per questo abbiamo proposto una formulazione diversa del testo per rendere esplicita la separazione tra i due livelli:
– la garanzia del potere d’acquisto da attuarsi nei rinnovi contrattuali;
– l’introduzione di un altro elemento distinto, che scatterebbe laddove non vi sia la contrattazione aziendale.
Invece la soluzione presente nel testo considera l’indicatore IPCA -già non esaustivo del recupero del potere d’acquisto- indicatore onnicomprensivo del primo e secondo livello di contrattazione. In questo modo si andrebbe alla differenziazione dei minimi salariali e alla riduzione della protezione del potere d’acquisto delle retribuzioni.
Questa scelta ha un ulteriore effetto recessivo, visto il già presente impoverimento delle retribuzioni e relative contrazioni dei consumi, e perde l’effetto di incentivazione della produttività a fronte di fattori organizzativi e di investimenti che le rendessero disponibili.
La scelta operata dopo l’accordo separato del 2009 con la stagione contrattuale successiva ha recuperato, in parte, una stagione unitaria e, in quei casi, ha determinato nei rinnovi contrattuali, la tutela del potere d’acquisto e l’incentivazione del secondo livello. Nel momento in cui si vuole affrontare un nuovo intervento sul modello contrattuale, non solo è sbagliato non costruirlo unitariamente, ma tutta l’attenzione avrebbe dovuto porsi rispetto alle categorie più deboli, quali ad esempio quelle che operano in regime di appalti, settori nei quali diminuiscono le retribuzioni e si disdicono gli accordi aziendali di secondo livello.
Per questo fin dall’inizio del confronto, per evitare anche gli errori del 2009, abbiamo posto, a premessa del negoziato, il tema della democrazia e della rappresentanza in termini applicativi del 28 giugno 2011 con Confindustria ed estensivi per le altre Associazioni d’impresa.
A distanza di più di un anno della sottoscrizione con Confindustria questa era un’occasione utile per determinare un avanzamento nella sua reale applicazione attraverso l’esplicitazione delle modalità con cui certificare la misurazione del numero degli iscritti ed iscritte ad ogni singola organizzazione sindacale (tramite convenzione con l’INPS) e la modifica nelle modalità di elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie che deve avvenire su base esclusivamente proporzionale ai voti raccolti da ogni organizzazione, al fine di poter determinare -sulla base di questi due elementi- la reale rappresentatività di ogni organizzazione. Tale misurazione ha anche lo scopo – anch’esso previsto dal 28/6 ma non ripreso nel testo attuale – di determinare la titolarità di ogni organizzazione a stare ai tavoli di trattativa contrattuale, laddove un’organizzazione rappresenti più del 5% del totale. Ed è su questa base che la CGIL ha posto il tema di superare il “vulnus democratico” per quanto riguarda il tavolo del negoziato contrattuale dei meccanici. È evidente che la possibilità di partecipare al tavolo della FIOM-CGIL non determina di per sé la possibilità di concludere unitariamente il rinnovo contrattuale, ma ripristina il diritto- dovere di un’organizzazione sindacale di rappresentare tutti e tutte coloro che, tramite iscrizione o voto, l’hanno delegata.
Così come nel 2011 lo spostamento del peso della contrattazione sul secondo livello ha comportato l’introduzione e la definizione di procedure democratiche, anche al fine dell’esigibilità degli accordi, ora che si vuole il ridisegno del modello contrattuale con materie proprie del primo e del secondo livello, è quanto mai necessario definire la cornice di regole democratiche per l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici.
Infine il punto 7 del testo, seppur migliorato rispetto alle iniziali richieste delle controparti, determina la forte preoccupazione che vi sia la volontà di intervenire peggiorando le condizioni dei lavoratori. Un esempio per tutti riguarda la materia del demansionamento, laddove, anche a fronte di modifiche legislative in materia di età pensionabile, si ritiene che nella contrattazione e/o con una legislazione di sostegno si possa intervenire per una riduzione della qualifica professionale, con relativa riduzione della retribuzione. Sostanzialmente da una parte si plaude alla riforma delle pensioni come necessaria per tenere in equilibrio i conti pubblici, dall’altra sulle stesse persone si produce un ulteriore danno non solo nella retribuzione ma anche nel riconoscimento della professionalità.
Sempre nello stesso punto si fa implicito riferimento alla possibilità di modificare l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta il controllo a distanza della prestazione lavorativa, in ragione delle nuove tecnologie, che già per lo Statuto è materia propria della contrattazione aziendale.
In materia di bilateralità, pur avendo accolto una richiesta avanzata dalla CGIL che prevede che l’eventuale detassazione del sistema di welfare parta dalla previdenza complementare, in quanto forma che raccoglie una platea più ampia di lavoratori e lavoratrici, resta sostanzialmente invariato il capitolo, laddove si prevede la possibile detassazione anche sui sistemi di welfare aziendale oltre che nazionale, prevedendo per questa via una ulteriore divaricazione tra coloro che godono di un sistema di protezione e coloro che ne sono privi, oltre che rischiare di sancire il principio che prestazioni pubbliche, quali la sanità e il welfare, possano trovare forme complementari a minor costo solo per una parte di popolazione, o sottraendo risorse pubbliche a beneficio di tutti e tutte. Inoltre è del tutto discutibile che la strada scelta dell’incentivazione dei premi di produttività, attraverso la defiscalizzazione, possa essere riprodotta per qualunque materia contrattuale.
Sulla base di queste brevi considerazioni la CGIL ha provato nella giornata di venerdì scorso ad evidenziare alle associazioni imprenditoriali le ragioni di merito del dissenso, auspicando di poter proseguire il confronto ed evitando così di far precipitare la situazione in un accordo sindacale separato, che continuiamo anche oggi a ritenere non sia positivo per nessuno. La decisione di inviare un testo conclusivo del negoziato riteniamo sia un errore e per quel che riguarda la CGIL si ribadisce la volontà di proseguire tenacemente la ricerca e si sottolinea che tutte le materie lì indicate debbono tradursi in accordi nei singoli settori delle categorie.
Ulteriore ragione per determinare regole democratiche, perché tutto ciò non infici i rinnovi contrattuali aperti e perché non si determini, in nome e per conto del Governo, una nuova stagione di divisione.
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