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Camusso, tasse sì, precarietà no. È ancora lecito criticare?
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Marzo 17, 2014
Camusso, tasse sì, precarietà no. È ancora lecito criticare?
17/03/2014 da www.cgil.it
«È legittimo avere opinioni differenti su proposte differenti, non c’è offesa per nessuno. C’è troppo nervosismo in giro, come se lo schema fosse quello del solo schierarsi e non della normale dialettica democratica». Susanna Camusso, in un’intervista al quotidiano ‘l’Unità’, ribadisce i sì e i no della CGIL al governo: bene sull’Irpef, no sui contratti che aumentano la precarietà. «Da noi critiche, non diktat Il governo si confronti»
Partiamo dalle scelte che la CGIL giudica positive, innanzitutto la riduzione del cuneo fiscale quantificato in 10 miliardi: un atto di equità sociale che sarà anche funzionale alla ripresa economica? «Quella della restituzione fiscale è una scelta importante, e sì, anche necessaria a rilanciare l’economia. Soprattutto se verranno mantenute le modalità di cui si è parlato finora: se sarà strutturale avrà effetti positivi sui consumi. E non è l’unica. Da apprezzare anche l’attenzione ai cosiddetti incapienti (chi guadagna fino a 8mila euro). Così come l’idea di alzare la tassazione sulle rendite finanziarie per ridurre l’Irap è una risposta con un segno politico inequivoco. Bene l’idea di creare due fondi di investimenti pubblici con obiettivi di qualità, quali la risistemazione dell’edilizia scolastica e dell’assetto idrogeologico. Sono punti di programma che troviamo anche nel nostro piano del lavoro, soprattutto per il concetto che l’intervento pubblico possa essere un volano di occupazione. Sono tutte scelte positive, che segnano una netta inversione di rotta rispetto alle modalità adottate finora e danno l’idea di un grande abbraccio al mondo del lavoro. Anche se è pur vero che ne manca un pezzo, quello dei pensionati: sono milioni solo quelli che non arrivano a mille euro al mese. A loro, credo sia doveroso dare delle risposte».Il decreto lavoro invece proprio non vi piace. «Nutriamo perplessità sulla legge delega, perché non ci è chiara la proposta sull’estensione degli ammortizzatori sociali, e siamo contrari al decreto che regola apprendistato e contratti a termine perché non costruisce un percorso di maggiori tutele. Sull’apprendistato, si riduce la fase formativa e si mina il principio della riconferma del lavoratore. Per i contratti a termine, poi, lo schema è quello della frammentazione, che può portare ad un aumento della precarietà e non induce ad investire sul singolo lavoratore, né nel lavoro nel suo complesso. Dove lo vogliamo portare il lavoro? Verso un’idea di stabilità, formazione, maggiori tutele, o verso la moltiplicazione di contratti ed incertezze?».
Il segretario della Cisl, Bonanni, non è contrario allo schema sui contratti a termine, e chiede alla CGIL di contrastare insieme altre forme di precarietà, false partite Iva, co.co.pro., lavoratori senza alcuna tutela. «Lui sostiene che il contratto a termine sia meglio di altre forme di lavoro, e su questo siamo d’accordo. Ma alla fine giunge allo stesso punto, al fatto che abbiamo un’infinità di forme precarie, che ovviamente non andrebbero aumentate, ma anzi diminuite. Questo è un grande tema che riguarda i giovani, ma non solo: la difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro con qualche effettiva certezza. Discutiamo, ma diamoci l’obiettivo di ridurre drasticamente la precarietà con la legge delega».
Per il ministro Poletti le misure saranno efficaci, e non aumenteranno la precarietà. «Insistere sull’eliminazione di vincoli è contraddittorio rispetto all’idea di investire sulle persone. Di questo testo non si capiscono le ragioni profonde e la logica, se non quelle di tendere ad una flessibilità infinita. Peraltro, per un governo nato all’insegna della velocità, tre anni sono un tempo lunghissimo. Anche togliere l’elemento della causalità dà davvero l’idea che il lavoratore sia un oggetto e non una persona».
Ma nel frattempo il contratto unico a tutele crescenti, di cui la CGIL si è detta disposta a discutere, che fine ha fatto? «Questo infatti ci lascia stupiti. Se n’è parlato a lungo, ma è chiaro che avrebbe senso se fosse sostituivo di tutte le forme di precarietà, e non aggiuntivo».
Quanto è stato detto sulle coperture la convince? Si è tornati anche a parlare di un prelievo sulle pensioni (davvero) d’oro: sarebbe d’accordo? «Se il governo sostiene che è possibile trovare le coperture, la prendiamo come una sfida positiva. Quanto alle pensioni d’oro, abbiamo sempre detto che contributi di solidarietà sono possibili. Di sicuro, non si può tagliare la spesa sociale. Una parte del Paese ha pagato un prezzo altissimo alla crisi, chiedere a chi ha dato meno o nulla è un’impostazione corretta. Noi pensiamo che una patrimoniale sia una misura utile, ma se il governo trova altre forme, siamo disponibili a valutare».
Sulla riforma degli ammortizzatori quali sono i paletti della CGIL? «Pensiamo ad un sistema basato sulla cassa integrazione estesa a tutti e su un sussidio di disoccupazione universale, oltre ai contratti di solidarietà, utili anche perché redistribuiscono il lavoro. Il governo sembra aver avuto un ripensamento sull’abolizione della cig, e questo è un bene, così com’è condivisibile l’attenzione alle politiche attive finalizzate alla ricerca di nuovo lavoro. Di sicuro un sistema universale che non può essere senza oneri».
Il tema dei temi resta quello della creazione di lavoro. «Nell’attesa messianica che il mondo delle imprese torni ad investire, è utile impostare una politica di intervento pubblico per l’occupazione di qualità. Lavorare sull’edilizia scolastica potrebbe significare anche ragionare sulla qualità di un costruire diverso. Uno straordinario investimento sarebbe quello sul riordino e la trasformazione dei rifiuti, che genera innovazione tecnologica, lavoro qualificato, e contrasta la criminalità organizzata. Il messaggio per i giovani dev’essere chiaro: noi investiamo su di loro».
Renzi ha già visto Hollande, domani (oggi, ndr) sarà a Berlino con la Merkel: come è possibile conciliare l’idea di allentare l’austerità in favore di investimenti e crescita con i vincoli dei patti di bilancio? «Il problema non è solo il vincolo del 3% del rapporto deficit/Pil, ma anche il fiscal compact. Che, già dal 2015, significherà trovare circa 50 miliardi l’anno. Noi abbiamo sempre pensato che per l’Europa mutualizzare una parte del debito di tutti i Paesi sia più efficace. Comunque sia, se si vuole mettere in campo una strategia di crescita, il fiscal compact va cambiato».
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