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CGIL, CISL e UIL Siena rispondono a Campinoti
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Agosto 26, 2014
Siena, 26 agosto 2014 – “A fronte dell’intervista del Presidente di Confindustria avvertiamo la necessità di sottolineare il nostro punto di vista”.
Così esordiscono CGIL, CISL e UIL in merito alle dichiarazioni di Paolo Campinoti lanciate oggi dalle pagine di un giornale locale.
“Al Presidente di Confindustria Siena che afferma che il sindacato ‘vive ancora degli schemi del passato’ – spiegano le sigle sindacali – vorremmo far notare che non è affatto originale. Sono mesi ormai che a livello politico e, più in generale, istituzionale il sindacato è diventato un bersaglio, anzi il bersaglio principale eletto a causa di tutti i mali, o quasi, della crisi che sta attraversando il nostro Paese. Dalla mancanza di volontà della politica nazionale a confronti costruttivi con noi, fino al dimezzamento dei distacchi e dei permessi sindacali nella pubblica amministrazione, l’attacco ai sindacati ha raggiunto livelli forse mai toccati negli ultimi decenni nel nostro Paese. Ci rendiamo conto che trovare il capro espiatorio sia un esercizio salvifico anche per chi non riesce ad ammettere la propria responsabilità nella pessima gestione politica di questa crisi, tuttavia ci saremmo anche stancati di questo ruolo che le altre parti ritengono necessario affibbiarci.”
“Almeno noi – continuano i sindacati – abbiamo la coscienza e il coraggio di assumerci le nostre responsabilità anche di fronte ad accordi che non ci hanno pienamente soddisfatto ed onestamente sentirci apostrofare come soggetti resistenti al cambiamento rasenta l’ironia di una barzelletta anche mal raccontata”.
“Siamo sempre stati in campo – ribadiscono CGIL, CISL e UIL – per il lavoro e l’occupazione, i nostri principali obbiettivi per la collettività, i giovani ed il futuro del territorio. Ciò ci ha mosso anche all’interno dell’azienda di cui il Presidente di Confindustria è proprietario (la Pramac), dove il sindacato che ‘vive l’impresa e l’imprenditore come un nemico’ ha sottoscritto un accordo che ha consentito alla nuova società di essere traghettata nel futuro dopo una vicenda prefallimentare piuttosto complicata.”
“E potremmo fare molti altri esempi – proseguono le organizzazioni sindacali – del nostro impegno e della nostra capacità di rispondere responsabilmente alla crisi che sta ancora colpendo il quadro economico e produttivo della nostra provincia. Più di quindicimila posti di lavoro persi dal 2008, oltre 11.000 disoccupati, aumento del numero dei licenziamenti, il 93,01% delle nuove assunzioni fatte con l’utilizzo di contratti precari. Sarebbero disinteressati e veteri quei sindacati che con centinaia di accordi nelle realtà produttive di tutto il territorio sono riusciti ad evitare che il tema disoccupazione assumesse contorni ben più drammatici?”.
“Una risposta convincente – aggiungono i sindacati – ci pare sia stata data dall’ultimo accordo quadro con MPS, dove è stato riconosciuto finalmente da parte dell’Azienda il valore e la necessità di un costante e proficuo rapporto con i lavoratori ed il sindacato”.
“In realtà sono proprio gli industriali – sottolineano ancora CGIL, CISL e UIL – che dovrebbero interrogarsi di più e meglio su quale modello di sviluppo puntare, considerando che almeno finora la bassissima propensione agli investimenti produttivi certo non depone a favore di un atteggiamento di sviluppo innovativo. D’altra parte ci sembra di capire dall’intervista che il Presidente di Confindustria sia convinto di essere stato in grado con la sua organizzazione di fare proposte ‘shock’. Peccato che, purtroppo, di scioccante è stato a noi proposto solo la solita vecchia ricetta del lavorare di più e guadagnare meno e su queste proposte proprio non ci siamo. E non ci siamo in primo luogo perché, in una fase così acuta di crisi, chi pensa davvero all’occupazione non può saturare il poco lavoro che c’è senza puntare a nuova e stabile occupazione. Bisogna infatti intenderci su quale è il paradigma che utilizziamo: gli industriali, salvo rare eccezioni, continuano a puntare su quello quantitativo che ha sempre spinto per ridurre i costi del lavoro, i diritti dei lavoratori e la sicurezza sul lavoro. Noi, al contrario, pensiamo che vadano create nuove opportunità di lavoro con produzioni di qualità, rispettose dell’ambiente, per trarre nuovi spunti per lo sviluppo; che il lavoratore vada considerato come persona con la sua dignità e le sue professionalità e non un mero mezzo della produzione”.
“Gli industriali sono disposti a discutere di investimenti, di ricerca, di innovazione, di dimensioni di impresa? – chiedono i sindacati – Di come si può legare di più e meglio il sistema della ricerca pubblica con lo sviluppo industriale? Se per esempio il tema delle scienze della vita e il suo distretto sono per questo territorio scelte essenziali o meno? Sono disponibili a discutere del tema energetico che in questa provincia ha qualche compromissione in più che altrove?”.
“E sulla Fondazione MPS, anche alla luce delle ultime negative semestrali della Banca – evidenziano le organizzazioni – non sarebbe peregrino, a partire dal tema della partecipazione e dalla necessaria diversificazione degli investimenti, che le forze economiche, tutte insieme, chiedessero azioni dirette a generare utili da parte dell’Ente da distribuire sul territorio per lo sviluppo economico e sociale”.
“Potremmo creare insieme – propongono CGIL, CISL, UIL – un pacchetto di richieste per ammodernare e rendere competitivo questo territorio in funzione di futuri investimenti produttivi e disegnare una posizione comune sui servizi a rete”.
“In sostanza – concludono le sigle sindacali – quali sono gli obbiettivi di politica industriale degli imprenditori per il territorio oltre a quelli di ridurre le tasse, accedere più speditamente al credito e tagliare i diritti dei lavoratori? Saremmo lieti di poterci confrontare su degli obbiettivi, sempre che abbiano una politica industriale da proporre. Se pensiamo che la demagogia ed il populismo possano da sole risolvere i nostri problemi, passata questa fase, ci troveremo tutti più poveri”.
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