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Camusso, per creare lavoro più risorse e meno riforme

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Ottobre 9, 2014

Camusso8Camusso, per creare lavoro più risorse e meno riforme da www.cgil.it

09/10/2014 Intervista del segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso a ‘il Mattino’

Varca i portici del palazzo di città di via Roma poco dopo le 10, in orario più comodo dopo la levataccia di mercoledì per il vertice a Palazzo Chigi. Ad attenderla ci sono il sindaco De Luca e il segretario generale della Cgil Campania Tavella, stipati nel Salone dei Marmi del Municipio altre centinaia di militanti, qualcuno con la bandiera rossa sulle spalle. Il giorno dopo il primo confronto con Renzi, nel giorno del Jobs act, il segretario generale della Cgil Susanna Camusso si rifugia nell’abbraccio di Salerno. «Perché è dal Mezzogiorno che bisogna partire per far ripartire l’Italia, quello stesso Mezzogiorno che soffre dell’assenza di investimenti, vittima di un’overdose di leggi che non diventano pratiche», ripete più volte nel suo intervento lungo un’ora.

Segretario, la Cgil è rimasto l’unico sindacato a dare un giudizio severo sul Jobs act. Perché?
«Perché, a parte qualche titolo, di cui vedremo lo svolgimento, mancano le cose fondamentali. Manca l’idea della cancellazione delle forme di precariato e, al contrario, c’è un’idea di riduzione delle tutele dello Statuto dei lavoratori. Soprattutto, si vuol far passare un messaggio secondo cui il lavoro deve essere meno forte, più debole e con meno dignità, mentre le leggi in materia servirebbero per dare ai lavoratori la forza di essere interlocutori paritari».

Eppure la Cgil rischia di ritrovarsi isolata. «Siamo sereni, stiamo discutendo, sarà il merito delle cose da affrontare a determinare le scelte di iniziative unitarie. Non capisco quest’ improvvisa paura della solitudine: nella storia del movimento sindacale ci sono state tante iniziative singole. Il problema è il giudizio che insieme diamo dei provvedimenti, non chi si mobilita e chi no».

Come giudica il rinvio alle norme attuative delle nuove regole sui licenziamenti e dell’articolo 18? «È importante capire cosa c’è scritto nella delega. Con il rinvio abbiamo il tempo di continuare a contrastare le cose che non vanno».

Ma lei voterebbe la fiducia al governo? «Per noi il tema non è questo o quel governo. Non importa chi sia il premier, noi contrastiamo le scelte sul lavoro e i temi che non ci convincono. Scegliamo di volta in volta. Non abbiamo condiviso la riforma della pubblica amministrazione, non condividiamo questo Jobs act: è evidente che sul piano del lavoro siamo di fronte a un arretramento».

Cosa chiede al governo? «Che metta al centro il tema della creazione del lavoro e le forme per distribuirlo e gli investimenti e che elimini il precariato. Forse sarebbe ora di intervenire sulle pensioni che, con le modifiche della Fornero, hanno creato nuova disoccupazione. Mi aspetterei che tutte le risorse e le intenzioni vadano a definire la possibilità di nuovo lavoro per il Paese».

Proprio su questi temi, però, la sensazione è che si sia davanti a una sorta di muro contro muro. «Abbiamo un presidente del Consiglio che sostiene che ogni opinione diversa dalla sua sia un diritto di veto. Bisogna ripartire dal fatto che le soluzioni e le mediazioni sono il frutto del confronto delle diverse opinioni, che ci devono essere luoghi dove queste mediazioni le trovi, come nelle aziende quando si fanno le contrattazioni e si trovano le soluzioni ai problemi. Quando si vuole fare il muro contro muro le cose non si risolvono».

Ma la proposta sul Tfr in busta paga la convince? «Sono soldi dei lavoratori e ci deve essere la loro volontarietà. Devono essere salvaguardate le imprese perché non abbiano problemi di liquidità, dev’essere mantenuta la tassazione separata attuale e devono essere garantiti i fondi previdenziali visto che le pensioni in tante parti del lavoro sono già molto povere».

Nei suoi discorsi insiste sempre sui giovani: cosa dice ai ragazzi del Mezzogiorno che hanno finanche smesso di cercare un lavoro. «Dovremmo avere il realismo di dire che bisogna fare delle scelte che contrastino questa politica economica e avere il coraggio di confessare che con la continua modifica della legislazione sul mercato del lavoro abbiamo creato precarizza7.ione e disoccupazione. Fare demagogia non serve, cosa come non serve raccontargli che togliendo un po’ di diritti ai padri si darà a loro futuro. Il governo la smetta di promettere investimenti, ma li attui».

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