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La Cgil rilancia il Piano del Lavoro a due anni dalla sua presentazione
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Aprile 10, 2015
La Cgil rilancia il Piano del Lavoro a due anni dalla sua presentazione da www.cgil.it
10/04/2015 » Una nuova stagione di contrattazione territoriale » Il Piano del Lavoro
Due anni fa la Cgil presentava, in occasione della Conferenza di programma, il suo Piano del Lavoro, oggi prova a fare un primo bilancio, mettendo a confronto alcune delle esperienze che si stanno costruendo su tutto il territorio nazionale. L’occasione è stata offerta da una iniziativa che si è tenuta l’8 aprile a Roma, presso la sede della Cgil. Un’iniziativa, promossa dall’Area Politiche di Sviluppo, nata, come spiegato dal responsabile Riccardo Sanna “dall’esigenza di capire cosa è stato fatto e cosa ancora si può fare, valorizzando le buone pratiche”, come quelle descritte, nel corso della riunione, da: Vincenzo Colla (Segretario Generale della Cgil Emilia Romagna), Claudio di Berardino (Segretario Generale della Cgil Roma e Lazio), Alessio Gramolati ( Segretario Generale della Cgil Toscana) e Anna Russelli ( Segretaria Confederale della Cgil Basilicata). Ad esporre gli orientamenti assunti, a partire ciascuno dalle proprie specificità economiche, sociali e politiche, anche Gianni di Cesare (Segretario Generale Cgil Abruzzo), Ivan Lembo (Camera del Lavoro di Milano), Graziella Rogolino (Segretaria Regionale Cgil Piemonte), Federico Visigna (Segretario Generale Cgil Liguria), Andrea Brunetti (Responsabile nazioanle delle politiche giovanili Cgil)Aumentare l’occupazione e ridurre le disuguaglianze attraverso l’innovazione, è questo l’obiettivo del Piano del Lavoro della Cgil così come evidenziato da Gaetano Sateriale che ne coordina i lavori. La “prima scelta di campo” ha spiegato il dirigente sindacale, nella sua relazione introduttiva è “partire dalle arretratezze e dalle potenzialità inespresse del Paese per introdurre dosi massicce di innovazione”, tra le sfide da raccogliere ad esempio: il welfare universale, il dissesto idrogeologico, i trasporti e la logistica, il rischio sismico, il ciclo dei rifiuti, le bonifiche, il patrimonio artistico culturale, ecc. Per attuare il Piano del Lavoro, secondo Sateriale, occorre un “keynesismo rinnovato” e un “sindacalismo ‘rinnovato’” che segua un “nuovo percorso” di contrattazione che parta dal territorio, che sappia intercettare i bisogni sociali e del lavoro e che sappia costruire un dialogo a più livelli con le istituzioni, innanzitutto con i Governi locali ai quali presentare delle piattaforme rivendicative per poi discutere di fonti di finanziamento appropriate. Quindi, una “nuova confederalità”, un “sindacato di quartiere” ha proseguito Sateriale che riesca “fuori e dentro i luoghi di lavoro a creare momenti di inclusione e promozione del dialogo sociale con tutti gli agenti contrattuali” imprese, scuole e università, associazioni giovanili, e altri soggetti sociali, “allargando così la rappresentanza sociale”. I margini per gli investimenti pubblici e privati, al livello locale, si possono trovare innanzitutto nella ricomposizione della spesa degli enti locali, nei fondi europei e nel contrasto all’evasione e all’elusione fiscale. Il Piano del Lavoro ha riferito Sateriale è diventato in alcune città e Regioni il punto di riferimento per una nuova stagione di contrattazione sociale, territoriale che non perde mai di vista le due grandi direttrici: sostenere la domanda locale e qualificare l’offerta dei beni e servizi, a partire da quelli collettivi.Un nuovo ‘Patto per il lavoro’ sulla scia del Piano del Lavoro della Cgil è stato promosso dalla nuova giunta regionale Emilia Romagna con sindacati e associazioni datoriali. La discussione, ha spiegato Vincenzo Colla, segretario generale della Cgil Emilia Romagna “è appena stata avviata e si basa su un impianto di qualità”. Ma in uno scenario politico e sociale profondamente cambiato dalla crisi la Cgil ha deciso di “cambiare registro” approvando una piattaforma sulla quale promuovere un percorso di consultazione degli iscritti, “un mandato democratico vincolante, per valutare qualsiasi discussione relativa al Patto”. Tra le priorità individuate, per realizzare gli ‘investimenti programmati’, l’utilizzo delle risorse dei fondi strutturali europei per la messa in sicurezza del territorio per lo sviluppo e la creazione di lavoro. “Nell’area colpita dal sisma – ha spiegato Colla – si sta facendo sperimentazione innovativa attraverso l’adozione di nuovi modelli di costruire, di green economy e di governance pubblica”. Percorsi di contrattazione territoriale “di qualità, non solo difensiva” sono stati avviati su alcuni temi fondamentali come il welfare e la formazione ai fini della creazione di lavoro (accordo Ducati-Lamborghini). Infine, Colla ha affrontato il tema della legalità e degli appalti definendolo una “condizione per la tenuta della qualità del mercato e delle istituzioni”. La proposta è quella di un Testo Unico sugli appalti e sulla legalità, da stipulare con le istituzioni e le associazioni imprenditoriali, per fare “un’operazione che ripristini le tutele precedenti al Jobs Act nella filiera degli appalti”, mettendo in campo, se necessario, strumenti di partecipazione democratica.
Il Piano del Lavoro “è una sfida del sindacato” ha detto il segretario generale della Cgil Roma e Lazio, Claudio Di Berardino sottolineando la grande partecipazione che si è registrata nell’elaborazione del Piano. Nel Lazio, grazie ad un confronto aperto con la Regione e con le associazioni datoriali, il Piano del Lavoro è stato “istituzionalizzato e contrattato” nel ‘Patto per lo sviluppo e l’occupazione’, stipulando successivamente importanti accordi di programma per lo sviluppo delle aree industriali (Frosinone/Anagni, Rieti, Latina, Civita Castellana, valle dell’Aniene, porto di Civitavecchia). “E’ in corso oggi – ha dichiarato Di Berardino – un grande lavoro di contrattazione sui temi della legalità, della sanità e del sociale”. Se con la Regione è stato avviato un percorso proficuo, per moltiplicare investimenti e innovazione, con i Comuni, in particolare quelli più grandi, risulta più complesso poiché, come ha sottolineato il dirigente sindacale “le risorse a disposizione vengono utilizzate prevalemtemente per il risanamento, ma difficilmente per gli investimenti”. La Cgil Roma e Lazio ha, inoltre, istituito due osservatori: uno per la verifica annuale dello stato di attuazione del Patto (promosso insieme alla Facoltà di economia dell’Università La Sapienza, Sbilanciamoci ed Eures), e l’altro per verificare il corretto utilizzo delle risorse (fondi europei e nazionali), affinché vengano utilizzate per le opere che hanno già un progetto esecutivo che altrimenti non potrebbero essere realizzate per mancanza di soldi. Il Piano del Lavoro, ha poi affermato Di Berardino, “ha influenzato anche le scelte interne alla Cgil, con i piani di formazione e la riorganizzazione delle camere del lavoro e delle categorie”. “Poichè il Piano del lavoro, non deve essere solo contrattazione, ma anche mobilitazione a maggio, speriamo unitariamentie, la Cgil rilancerà una vertenza sul tema del lavoro e dello sviluppo, per chiedere risposte concrete su questi temi” ha concluso il Segretario Generale Cgil Roma e Lazio.
“Dare un indirizzo strategico ad una politica di ripresa aggrendendo i limiti e le contraddizioni causati dalla crisi, nonché le disuguaglianze”. Così il Segretario Generale della Cgil Toscana, Alessio Gramolati ha spiegato le ragioni che hanno portato alla capillare diffusione del Piano del Lavoro nella regione. Un Piano, ha dichiarato Gramolati, che si struttura sia su modelli di “relazione consolidati” (Legge regionale sulla concertazione) che “inediti” come il Protocollo sulla legalità Arci, Libera, Unicoop, Cgil per la realizzazione di un Piano del Lavoro per i beni confiscati alla mafia in Toscana. Contemporaneamente, ha riferito il dirigente sindacale, è stata avviata una stagione di accordi di programma per lo sviluppo delle aree industriali, già conclusa a Piombino, mentre a Livorno e Massa Carrara è ancora aperta. A Piombino, a fronte di un intervento pubblico di 250 milioni di euro (150 Regione e 100 governo) per la qualificazione delle aree e dell’offerta infrastrutturale e logistica, si sono raggiunti investimenti pari a 1 miliardo di euro e la creazione di oltre 4mila posti di lavoro. Per Gramolati l’accordo di programma realizzato a Piombino dimostra che “per far ripartire l’economia nel nostro Paese, non servono riforme che aumentano la flessibilità, ma bisogna stimolare gli investimenti: una partita che si può giocares solo se si fanno scelte che riducono le diseguaglianze territoriali e le criticità competitive”. “Il Piano del Lavoro – ha concluso il Segretario Generale della Cgil Toscana – pur con alcune contraddizioni e debolezze, rappresenta una valida intuizione e un efficace strumento di iniziativa economica e sociale in Toscana”.
A descrivere l’esperienza del Piano del Lavoro in Basilicata è stato il segretario regionale Cgil, Anna Russelli la quale si è soffermata sull’utilizzo delle risorse derivanti dalla ‘rendita petrolifera’ per attuare misure contro la povertà in forma di ‘reddito minimo di inserimento’. Grazie ad un’azione di concertazione del sindacato con la Regione, ha raccontato Russelli, sono stati dirottati circa 40 milioni di euro, da un’operazione populista, come quella del ‘bonus carburante’, senza alcuna distinzione di reddito, che non migliorava il benessere della popolazione, ad un programma di inclusione sociale rivolto a circa 30mila famiglie povere lucane. Inoltre, come dichiarato dalla dirigente sindacale, la Cgil Basilicata ha individuato alcune direttive sulle quali sviluppare le azioni del Piano del Lavoro: una programmazione plurifondo; una semplificazione degli strumenti di intervento per una programmazione dal basso (contratti di sviluppo; accordi quadro di programma; tavoli di concertazione territoriali; piani strutturali); individuazione delle priorità in termini di aree geografiche territoriali e di settore; un processo partecipativo che valorizzasse l’apporto del sindacato e delle comunità locali, attraverso l’organizzazione di assemblee territoriali. Infine, ha riferito la Russelli sono stati definiti, in base alle specificità territoriali alcuni assi prioritari ossia delle aree di intervento: rafforzamento della filiera turistica e del patrimonio artistico culturale, infrastrutture, settore petrolifero, agroindustria, automotiv, distretto dei nuovi materiali, mobile imbottito, settore petrolifero, formazione scolastica e universitaria e ricerca, tutela e valorizzazione del territorio.
Oltre ai suddetti interventi, malgrado l’impossibilità di essere presenti o intervenire, vanno ricordate altre iniziative già compiute all’insegna del Piano del Lavoro: il ‘Piano del Lavoro per l’Umbria’, la Piattaforma unitaria ‘Il Molise riparte dal Lavoro’, l’Accordo Unitario Cgil, Cisl e Uil con la regione Puglia ‘L’attivazione di cantieri di lavoro e di cittadinanza’, l’Agenda giovani di Pescara e Bergamo. Come contributo delle categorie all’elaborazione del Piano del lavoro sono stati segnalati quello della Fillea Cgil, Fp Cgil, Flai Cgil.
A rilanciare il Piano del Lavoro è stato il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi che nelle sue conclusioni ha ribatito l’importanza del Piano non solo per gli obiettivi economici che si pone, ma anche per quelli culturali: “seminare cultura politica”, stimolando così l’elaborazione di “un nuovo modello di sviluppo”.
Il Piano del Lavoro della Cgil porta con se un analisi lucida della crisi, confermata purtroppo ancora oggi, e rivendica innanzitutto una svolta delle politiche economiche europee, una svolta che secondo il Segretario Confederale “ancora non c’è stata” e che “non è rappresentata nè dal Piano Juncker, nè dall’austerità flessibile”, misure che invece appaiono “inadeguate” e che “non cambiano la sostanza della questione europea”. Per inaugurare una nuova fase servono “nuovi e aggiuntivi investimenti pubblici” ha dichiarato Barbi, ma le uniche direttive giunte, per il momento, dalla Commissione europea sono: “continuate con le riforme e vi daremo un po’ di flessibilità nei bilanci”, direttive che però non affrontano la questione occupazionale. La Commissione europea e il governo italiano continuano a programmare un alto livello di disoccupazione per i prossimi cinque anni.
L’Italia, secondo il dirigente sindacale, è comunque in grado, nonostante gli inefficienti cambiamenti europei, di invertire la sua politica economica grazie agli ampi “margini fiscali”. Il nostro Paese, ha spiegato Barbi, “registra il più alto rapporto tra patrimonio e reddito. Abbiamo la maggior concentrazione di ricchezza privata rispetto al Pil”. Una condizione che è stata favorita da un’evasione strutturale e da un sistema di tassazione dei patrimoni non progressivo. Per questo la proposta della Cgil, contenuta anche nel Piano del Lavoro, di un’imposta sui grandi patrimoni finanziari per sostenere un piano straordinario di occupazione femminile e giovanile, acquista una rilevanza decisiva, “la politica dovrebbe prendere coraggiosamente questa strada”, ha aggiunto Barbi.
Per il Segretario Confederale, nonostante le difficoltà di reperimento delle risorse (nazionali ed europee) è indispensabile proseguire il percorso avviato tre anni fa dal Piano del Lavoro e implementare così le esperienze regionali e territoriali che si stanno sperimentando: “uniche azioni finalizzate alla crescita e all’innovazione e quindi alla creazione del lavoro”, ha concluso Barbi.
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