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Vigni: “La crisi ed il lavoro sono le nostre priorità”
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Marzo 9, 2009
“Siena Sindacato” intervista il Segretario Generale della CGIL di Siena Claudio Vigni.
D. Segretario Vigni, la CGIL non ha firmato l’accordo del 22 gennaio sul modello contrattuale, perchè?
R. Perché a nostro avviso non dà risposte ai gravi problemi che abbiamo nel Paese. Primi fra tutti la crisi economica ed i rischi occupazionali. Inoltre sul fronte salariale porta ad un ulteriore impoverimento dei redditi da lavoro e da pensione, quando tutti a parole concordano con noi che occorrerebbe aumentare il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati.
D. Ma non pensate di essere considerati “la solita CGIL che dice no a tutto”?
R. E’ un rischio possibile perché la campagna che è stata orchestrata prima per arrivare all’Accordo separato escludendo la CGIL e poi dopo ha a disposizione mezzi enormi. Tuttavia credo che rispetto alla demagogia del Governo ed allo strapotere mediatico abbiamo dalla nostra la forza della ragione e della realtà quotidiana che purtroppo tocchiamo con mano ogni giorno.
D. Quali sono queste vostre ragioni?
R. Alcuni degli argomenti tecnici li trovate illustrati in queste pagine, ma a me interessa un dato politico in particolare: con questo accordo il Governo prosegue la sua politica di intervento nell’economia attraverso il taglio dei salari e dei diritti e non – come sarebbe necessario – investendo in ricerca, innovazione ed infrastrutture per competere con la qualità.
D. E’ la stessa politica del 2001/2002 quando il Governo Berlusconi voleva eliminare l’articolo 18?
R. Sì, nella sostanza è sempre quella politica, meno diretta, ma – oserei dire – altrettanto dirompente. Se quest’accordo passasse, alle prime avvisaglie di difficoltà non discuteremmo più di investimenti e di innovazione con le imprese, ma solamente di tagliare i salari per fare concorrenza a prezzi più bassi. Si innescherebbe un meccanismo di rincorsa al ribasso di cui non possiamo neppure immaginare le conseguenze nefaste per i lavoratori…
D. Ma allora come si può combattere questa crisi?
R. Siamo il Paese meno competitivo tra quelli industrializzati, abbiamo la percentuale più bassa di laureati e nonostante ciò i giovani che escono dall’università non trovano neppure un lavoro adeguato ai loro studi. Questa deve essere la vera sfida del Governo insieme alle imprese e alle parti sociali. Innalzare la qualità del lavoro oltre che la quantità. La crisi cambierà i consumi delle persone, la sfida è posizionarsi sul nuovo, investire, utilizzare le risorse di conoscenza e professionali che abbiamo. L’Accordo separato quindi è la conseguenza della scarsa attenzione che c’è verso il lavoro, i lavoratori ed i pensionati, i disoccupati, un ulteriore dannoso tassello che dobbiamo contrastare con forza, perché se non ci sarà un’inversione di tendenza avremo un Paese ancora più polarizzato tra ricchezza e povertà, dove tutti i lavoratori e i pensionati – anche con due stipendi in famiglia – rischieranno di essere poveri e dove per di più non ci saranno le risorse per garantire il welfare e la coesione sociale.
D. Per il 4 aprile avete indetto la manifestazione nazionale a Roma, pensate che i lavoratori ed i pensionati vi seguiranno?
R. Come ho già detto c’è una campagna mediatica molto forte contro la CGIL, ma sono convinto che il lavoro di coinvolgimento dei lavoratori e dei pensionati farà comprendere a tutti la bontà di questa nostra iniziativa. In questi giorni stiamo completando le assemblee in tutti i luoghi di lavoro e in tutte le Leghe del Sindacato Pensionati SPI CGIL e ne sta emergendo una grande volontà di non rassegnarsi di fronte alla crisi e agli attacchi ai diritti e ai salari. Sono convinto che il 4 aprile al Circo Massimo ci sarà una folla oceanica come nel 2002 con milioni di persone in piazza.
D. Avete promosso anche un referendum sull’Accordo separato…
R. Sì, di fronte ad accordi che hanno un peso così importante riteniamo indispensabile – come del resto abbiamo già fatto nel 2007 con l’Accordo sul welfare – far decidere i diretti interessati, cioè i lavoratori ed i pensionati, attraverso un referendum. Purtroppo CISL e UIL non hanno accettato la nostra proposta, ma noi siamo determinati nel far conoscere l’Accordo a tutti e nel far poi scegliere liberamente le persone. Dal 14 al 20 marzo tutti coloro che non hanno potuto votare all’interno dei luoghi di lavoro potranno farlo nei seggi che saranno allestiti in tutti i territori provinciali. Sono convinto che la partecipazione alle scelte, la possibilità di contare, di avere voce, sia una delle cose più apprezzate, soprattutto in una società in cui le scelte vengono spesso calate dall’alto e dove i più deboli non hanno possibilità di far sentire la loro voce.
D. Abbiamo parlato di crisi, ma da noi le cose come vanno?
R. Direi male, come nel resto dell’Italia. Spesso sbagliamo a dipingere la nostra provincia come un’isola felice. Anche da noi ci sono i problemi della qualità del lavoro e di una crisi che colpisce in profondità tutti i settori produttivi. Alcune migliaia di lavoratori precari hanno già perso il lavoro (si calcola dai 3.000 ai 4.000, per lo più giovani) e a questi si stanno aggiungendo i circa 3.000 cassaintegrati e gli oltre 600 – ad oggi – già in mobilità da ottobre 2008. Ma quello che è peggio è che ogni giorno le previsioni di ripresa si allontanano e questo ci porta a pensare che il peggio debba ancora arrivare perchè alla crisi produttiva di molte imprese si sommerà quella finanziaria che rischierà di strangolarle.
D. E la CGIL di Siena in questa situazione così difficile cosa sta facendo?
R. Stiamo gestendo le situazioni a livello aziendale, cercando di contenere le spinte ai licenziamenti e di promuovere gli investimenti e la ricerca. Abbiamo poi insistito affinché a livello locale le risorse disponibili venissero messe in circolo; il ruolo del credito è fondamentale, le banche devono fare la loro parte per garantire al sistema produttivo di superare questa fase. Abbiamo ottenuto l’impegno a rifinanziare la Finanziaria Senese di Sviluppo con 15 milioni di euro per sostenere le imprese ed abbiamo richiesto un bando straordinario della Fondazione Monte dei Paschi. Siamo soddisfatti del fatto che le nostre opinioni abbiamo trovato ascolto, anche se lo stanziamento è inferiore a quello che sarebbe necessario per far fronte ad un momento così difficile.
D. Quali interventi ritenete utili?
R. Gli interventi devono andare su due fronti: il primo per sostenere i lavoratori e le famiglie, il secondo per creare le condizioni per una ripresa della nostra economia. In tema di sostegno sociale abbiamo la priorità degli ammortizzatori sociali per tutti coloro che sono esclusi da questo indispensabile beneficio, penso ai lavoratori atipici, ma anche ad interventi per favorire il microcredito ed evitare che le famiglie in difficoltà entrino nella spirale perversa delle finanziarie o, come purtroppo avviene in tanti casi, dell’usura. Poi è necessario favorire la creazione di asili nido e di maggiori servizi per gli anziani, senza tralasciare progetti di ricerca od azioni che creino opportunità per giovani ricercatori all’interno delle imprese. Azioni concrete, immediate, che rimettano in moto competenze, energie professionali e lavoro, oltre che un po’ di denaro per invertire la spirale recessiva. Bisogna poi accelerare la spesa dei fondi già stanziati dalla Fondazione MPS – oltre 100 milioni di euro di erogazioni non spesi sono troppi (oltre l’1,5% del PIL provinciale); occorre una maggiore qualità dei progetti e soprattutto una maggiore responsabilità nel chiedere i contributi, oltre che regole più cogenti nell’erogazione.
D. Ma tutto ciò risolverà le problematiche del territorio senese?
R. Queste misure potranno alleviare le difficoltà, un’iniezione di risorse annua dell’1,5% del PIL è molto se si aggiunge alla gestione ordinaria e soprattutto se è utilizzata per azioni che hanno effetti moltiplicatori. In questi anni le risorse della Fondazione MPS hanno fornito un contributo importante nell’accrescere la quantità e qualità dei servizi sociali e spero che tutto questo possa anche migliorare per garantire a lungo la coesione sociale che è un patrimonio per ogni democrazia. Ma una risposta forte alla crisi potrà esserci solo se ci sarà un cambiamento della politica economica del Governo ed è per questo che saremo in piazza a Roma il 4 aprile.
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