In un’intervista a il ‘Corriere della Sera’ il leader della CGIL dice: “Subito un tavolo su Fiat, il governo non stia alla finestra”
«L’aggressione di un gruppo ben circoscritto», «l’ennesima prova di quanto sia sgangherato un certo modo di fare estremismo». Il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, vorrebbe parlare d’altro: della crisi, della Fiat e del governo «che fa tutto da solo». Ma nella giornata in cui il leader dei metalmeccanici del suo sindacato è stato tirato giù dal piccolo palco su cui parlava, l’argomento c’è tutto.
Che idea si è fatto dell’episodio di Torino, segretario?
«Una quarantina di persone, un gruppo circoscritto, ha fischiato Rinaldini e gli ha tolto il microfono, che poi ha ripreso».
Si trattava di Cobas, con cui spesso la Fiom ha manifestato.
«Con i Cobas nel passato abbiamo avuto discussioni e confronti. Fiom ha una linea precisa e netta, però è sempre nel sindacato confederale. L’estremismo sta dall’altra parte».
Teme una deriva violenta della conflittualità sociale?
«La situazione è delicata e si può aggravare, soprattutto se non si fa nulla».
Non vede in questi episodi un problema di rappresentatività del sindacato?
«Il sindacato in questi giorni in Europa è stato presente con grandi manifestazioni, che puntano proprio a rimettere la persona al primo posto».
Il tafferuglio di Torino avrà conseguenze?
«Il risultato di simili azioni è che l’accento poi va a finire su altre cose rispetto a quelle di cui si dovrebbe parlare. Tipo la crisi del settore auto».
Il ministro Tremonti ha detto al «Corriere » che il crollo si sta fermando.
«Ha parlato di un rallentamento della caduta, che è fisiologico, ma vuol dire pur sempre che la caduta continua. È inutile far finta di non vedere».
Silvio Berlusconi dice che «compito del governo è infondere fiducia».
«Eh no! Si è bloccata l’apocalisse, e va bene, ma c’è una significativa caduta della domanda mondiale che, per Paesi esportatori come l’Italia e la Germania, è molto grave. Senza alcun sostegno agli investimenti e ai consumi, visto che lo stesso Tremonti giudica marginale l’effetto della social card, rischiamo la stagnazione».
La crisi rallenta. Con quali effetti sull’occupazione?
«Gli effetti della crisi sull’occupazione non si sono neppure prodotti tutti: penso a quello che può succedere alla petrolchimica, alla chimica, al made in Italy. Penso all’allarme dei costruttori dell’Ance… E poi sento Berlusconi dire che a drammatizzare sono solo l’opposizione e i giornali. Cioè che non farà nulla».
E lei che farebbe al suo posto?
«Tre cose ma importanti. Rendere più flessibile il patto di stabilità dei Comuni per far ripartire gli investimenti; raddoppiare la durata della cassa integrazione ordinaria per evitare il conflitto sociale e aumentare un po’ i redditi, perché la social card è troppo poco».
E sul piano fiscale?
«Auspico una maggior lotta all’evasione e all’elusione perché ho l’impressione che i controlli si siano allentati».
Lei dice che il governo non fa nulla ma intanto il gradimento resta alto. Come lo spiega?
«Questo è un fatto tutto italiano. Forse dipende dall’abilità mediatica del presidente. Forse dalla disillusione che il centrosinistra ha seminato in questi anni».
E il sindacato non ha niente da rimproverarsi?
«Noi abbiamo fatto 5 mila accordi con imprese e decine con le amministrazioni. Il Paese corre a due velocità: c’è quello dove i tavoli si aprono e quello dove si dice che la crisi è finita».
Ci sono pure tavoli da cui vi siete alzati e scioperi generali. È dialogo?
«Gli scioperi si fanno proprio quando manca il dialogo. Tremonti ha un bel dire che l’utilità marginale sta nel discutere per portare a casa qualcosa. Il problema è che il governo non discute né con noi né con altri. Perché non si fa un tavolo sul terremoto?».
Su cosa?
«La gestione emergenziale va bene, ma adesso stanno sorgendo problemi. Che succede se le case non arrivano entro l’inverno? E perché la gestione sul posto è ancora in mano alla Protezione civile e non agli enti locali?».
Il tavolo sulla Fiat invece Marchionne vuole farlo dopo l’accordo con Opel, condivide?
«Non è accettabile. Capisco la cautela di Marchionne perché la faccenda Opel mi pare più complessa di quella Chrysler, ma noi non discuteremo solo delle ricadute di quegli accordi sui nostri stabilimenti. E poi c’è un problema importante».
Quale?
«Che società ha in mente Fiat? Qui si sta facendo il primo gruppo automobilistico transnazionale: chi ne avrà il controllo? Siamo sicuri che sarà italiano? E il governo perché sta alla finestra?».
Si parla di snellimenti e chiusure di stabilimenti, tra cui quello di Pomigliano.
«In Italia si produce già poco, è inammissibile ridurre ancora».
E’ vero che la Fiat, come ha ricordato Tremonti, ha fornito impegni sull’occupazione quando ha ottenuto gli incentivi dal governo?
«Avremmo voluto un accordo più esplicito, ma l’impegno morale c’è. Anche perché è proprio grazie agli incentivi se Fiat sta facendo meglio degli altri».