01/08/2013 da www.cgil.it
Serve un «cambio di fase» del governo sulla politica industriale e serve avviare una fase di ridistribuzione del reddito. Servono «certezze per gli esodati e per il rifinanziamento della cassa in deroga», così come azioni di contrasto contro la disoccupazione e l’evasione fiscale. Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, commenta le ultime misure per il lavoro licenziate dal governo nell’apposito decreto legge. E a Marchionne, che ha protestato contro la sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione alla FIOM CGIL, dice: «Ogni volta che il Lingotto è in difficoltà parte il refrain del vittimismo. Che fa fare una pessima figura al nostro Paese. Anche il ministro Giovannini gli ha ricordato che in Italia ci sono imprese importanti che continuano a crescere. Ha fatto bene. È la caduta dei consumi dovuta alla compressione dei redditi e all’assenza di domanda la ragione principale della crisi, non le libertà sindacali».
Segretario, Marchionne chiede al governo di colmare un vuoto normativo con una legge sulla rappresentanza: perché così non si può lavorare, sostiene. Come gli risponde?
«La Consulta ha ribadito l’articolo 39 della Costituzione, e cioè che la libertà sindacale è in capo ai lavoratori. I loro rappresentanti non devono mai essere scelti da un’azienda. CGIL, CISL e UIL con Confindustria hanno raggiunto un accordo positivo sulla rappresentanza, stiamo discutendo accordi simili con altre associazioni datoriali, oggi ne firmeremo un altro con Confservizi. Ci sono tutte le condizioni affinché questi elementi vedano una trasposizione in norme di legge. Quello che non può essere è che si facciano norme su misura per un’azienda, ma devono essere fatte sulla base della Carta. Anche FIM e UILM dovrebbero riflettere».
Cioè?
«È una sentenza che parla anche a loro. Quanto è successo alla Fiat è stata la volontà di escludere una sigla. Un precedente unico. Io credo che faccia bene a tutti impedire a qualsiasi azienda la possibilità di escludere un sindacato».
Ieri la Cassazione ha reintegrato i lavoratori estromessi a Melfi.
«È un’ottima notizia che dimostra che non c’è nessuno in questo Paese che sia esente dalle regole e dalle leggi. Tutti le devono rispettare».
Le persone senza lavoro sono il 12,1%, un dato stabile. Ma Nomisma dice che cresce la fetta degli “inattivi”, e gli scoraggiati che non cercano più un lavoro.
«Io penso che le ragioni del dramma della disoccupazione siano quattro. L’altissimo numero di giovani non occupati (642mila ragazzi under 24, ndr); l’allungamento progressivo del periodo di disoccupazione, che genera lo scoraggiamento di cui si diceva; i tanti espulsi dal lavoro che non vedono alcuna prospettiva per il futuro; la mancanza di un intervento pubblico che determini scelte e investimenti e agisca sulla creazione di nuovo lavoro. Senza questi elementi, si resta nel passato e non si attuano politiche che invertano le tendenze in atto».
Nel pacchetto lavoro c’è un incentivo all’assunzione di under 29. Ma i paletti sono sembrati un po’ troppo restrittivi.
«Il problema vero è che questo provvedimento, che usa dei parametri europei, non deve restare l’unico. Se è l’inizio di un cambio di marcia, molto bene. Se resta un unicum, apprezziamo lo sforzo ma non si va da nessuna parte».
Tra le misure ci sono 20-25 miliardi di crediti alle imprese e il blocco dell’Iva. Cosa avrebbe voluto di più il sindacato?
«Che si esca dalla miopia delle politiche a breve termine. Lo diciamo in modo unitario: serve uno scatto. Una delle ragioni della crisi è una lunga stagione di penalizzazione dei redditi da lavoro e da pensione e di allargamento delle diseguaglianze, e nemmeno a vantaggio dell’impresa, semmai della rendita immobiliare e finanziaria».
Ci può fare un esempio concreto?
«I crediti alle imprese: avendo disponibilità finanziarie limitate, abbiamo chiesto che si incentivassero quelle che sono pronte a investire o che vogliono assumere. Queste scelte continuano a non apparire, mentre ci si attarda in discussioni su come restituire l’Imu, salvo poi dover perdere mesi a inseguire le risorse necessarie a ripianare il bilancio. Un film già visto nel 2008».
Come giudica la lotta all’evasione condotta dal governo?
«Ho apprezzato la visita di Letta all’Agenzia delle Entrate e a Equitalia, anche per una questione di solidarietà, visto che molti di quei lavoratori vengono ingiustamente minacciati e insultati. Tra l’altro, che i Comuni abbiano deciso di rendersi autonomi nella riscossione lo giudico un errore».
Non si sono ancora trovati i soldi per gli esodati restanti e per il rinnovo della cassa in deroga. È una priorità reperirli?
«Sì, serve una soluzione definitiva, una norma che dia certezze e sia progressivamente finanziata. Ciò che non si può fare e dire che il problema è irrisolvibile perché troppo grande. Non possiamo lasciare a piedi centinaia di migliaia di lavoratori senza CIGS e mobilità in deroga. I soldi vanno trovati, su questo non ci devono essere discussioni».
L’accordo sulla flessibilità per l’Expo 2015. C’è chi dice già che potrebbe essere un modello da estendere.
«Sono quelli convinti che i problemi della crisi si risolvano con la precarietà e la flessibilità, il che è falso. L’intesa per l’Expo, pur importante, è limitata a quella società, è una misura straordinaria. Il mercato del lavoro non può diventare una Expo permanente. Dove serve siamo disponibili a fare accordi, ma il governo dovrebbe anche dire su quali settori vuole puntare e quali e quante risorse vuole destinarvi. Turismo? Arte? Serve un piano. Serve una politica industriale. Poi, all’interno delle regole del contratto nazionale, si può discutere. Le deroghe a prescindere sono una politica sbagliata e dannosa.
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