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Governo: Camusso, Letta ci ascolti, cambiamo la legge

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Ottobre 18, 2013

Governo: Camusso, Letta ci ascolti, cambiamo la legge

18/10/2013 da www.cgil.it

In una intervista al quotidiano ‘l’Unità’ il Segretario della CGIL afferma: “c’è ancora un’impronta liberista dannosa, affrontiamo le diseguaglianze e puntiamo su industria e innovazione»

«Questa legge di stabilità non ci piace. Non ci sono le scelte di equità di cui il Paese ha bisogno, non si vede un cambiamento, le risorse che vengono messe a disposizione non riequilibrano la situazione di ingiustizia sociale di cui soffriamo. Il governo, soprattutto, non coglie l’urgenza di guardare al lavoro come fattore decisivo per lo sviluppo, in questa mancanza politica e culturale c’è qualche cosa di vecchio e, per me, di pericoloso».
Susanna Camusso, leader della Cgil, analizza e commenta i contenuti della legge di stabilità e la sua delusione appare forse più accentuata dalla speranza a lungo coltivata, ma evidentemente sbagliata, che questa volta ci si poteva attendere qualche cosa di più e di diverso. In molti, soprattutto i sindacati si attendevano un segnale forte, positivo per il lavoro, i pensionati, i giovani, con interventi che tendessero a ridurre le diseguaglianze e gli effetti drammatici della crisi di questi anni.

Segretario Camusso, cosa si aspettava la Cgil?

«Certo non la rivoluzione. Non pensavo che Enrico Letta avesse la bacchetta magica. Ma qui c’è poco, bisogna essere chiari. Dopo le parole, le promesse del premier mi ero fatta l’idea che fossimo alla vigilia di un cambio di stagione, che potesse iniziare una fase nuova, una diversa politica economica, che si potesse maturare una strategia industriale, di investimenti, di ricerca all’altezza delle necessità dell’Italia. Ma le speranze sono andate deluse. Non ci siamo sul fisco, non ci siamo con il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici, sul cuneo fiscale si poteva fare diversamente anche con le poche risorse a disposizione. Ora, lo dico con tutta la disponibilità a collaborare della Cgil, chiedo al governo di modificare l’impostazione e i contenuti della legge di stabilità».

Cosa salva?

«Le due uniche cose positive sono la decisione di non tagliare ancora la Sanità e il fatto che sia stato allentato il patto di stabilità dei comuni che libera un miliardo per gli investimenti. Su questi due capitoli si poteva costruire un disegno di politica economica di discontinuità dal passato».Ma il problema vero è che le risorse sono poche, non ci sono tesori da investire. E l’Europa ci osserva pronta a sgridarci.
«Sì è vero, c’è anche questo fattore e nessuno si illude che ci siano miliardi da buttare. Ma il limite del disegno del governo è chiaro. Anche Letta parte dall’idea che l’unica cosa che conta è tagliare le tasse. Ma non è vero. Questo slogan del pagare comunque meno tasse va bene per il tea party, ma non è in sintonia con una politica seria, responsabile di riduzione delle diseguaglianze. Siamo, purtroppo, ancora prigionieri di un liberismo dannoso, che magari oggi si presenta in una formula meno cruenta, ci sono meno forbici in azione, ma il risultato è più o meno lo stesso. Non c’è la necessaria discontinuità nella politica di governo, non vedo un’azione coerente che possa davvero risollevare il Paese»Un capitolo che lei avrebbe inserito nelle proposte del governo?
«Una serie di interventi di politica industriale. Investimenti e ricerca. Avrei concentrato le risorse in due campi: innovazione tecnologica di processi e prodotti, un programma coerente di riduzione del costo dell’energia. Abbiamo bisogno come il pane che riparta il ciclo di investimenti, che le imprese superstiti alla crisi siano capaci di competere sui mercati creando occupazione. Sarebbe stato utile anche un piano, forte però, di investimenti per la banda larga. Ma c’è poco, pochissimo. Letta doveva scommettere con più coraggio sugli elementi di cambiamento».

E invece?

«Voglio fare un esempio che è anche un appello al governo. C’è il caso Piombino, abbiamo aperto il tavolo sulla siderurgia impegnandoci a difendere le produzioni e a salvare l’occupazione. L’Acciaieria è commissariata. Possibile che non ci siano i soldi per rifornire l’altoforno e farlo funzionare? Forse una dimenticanza. Ci aspettiamo che il ministro dello Sviluppo economico intervenga presto per risolvere questo caso».

Il viceministro Fassina pare voglia dimettersi deluso dal testo della legge di stabilità.
«Capisco. Se le scelte del governo non segnano un cambiamento vero, se non c’è una concentrazione di risorse dove davvero c’è bisogno, se non si guarda al lavoro, ai pensionati, a quelli che hanno assegni di 600-700 euro al mese, agli incapienti, diventa difficile condividere le scelte di un esecutivo che ha una maggioranza inconsueta e poco uniforme».

Il suo predecessore alla guida della Cgil, Guglielmo Epifani, oggi segretario del Pd, ha espresso una valutazione più serena della legge di stabilità.
«Epifani fa un altro lavoro, svolge altre funzioni. Ma non sfugge certo a Epifani la necessità di cambiare, di raccogliere le sollecitazioni del sindacato affinchè le risposte del governo alla crisi siano all’altezza dell’emergenza sociale. Sono sicura che il Pd si batterà per migliorare la legge».

Come si muoveranno i sindacati confederali nelle prossime settimane. C’è in ballo anche la proposta di uno sciopero generale?
«Lunedì prossimo ci vediamo con Cisl e Uil, valuteremo insieme la legge di stabilità e le richieste di modifica da presentare al Parlamento. Vogliamo informare e coinvolgere i lavoratori, avviare un processo lungo di mobilitazione unitaria. Tutti gli strumenti di lotta sindacale sono a disposizione».

E Confindustria con la quale avevate presentato un documento comune di politica economica?

«Non abbiamo avuto occasioni di discussioni in questi giorni. Forse sull’impostazione della legge e sulle politiche di redistribuzione abbiamo opinioni diverse. Ma abbiamo fatto un bel lavoro in comune e spero di poterlo continuare».

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