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Epifani: “Confindustria ora l’ha capito. Il peggio sta per arrivare”
di Ufficio Stampa CGIL Siena | Marzo 15, 2009
Il segretario della Cgil: “In Francia e in Grecia la rabbia è esplosa. In Italia, grazie a noi, la protesta è stata governata. Bisogna sbloccare i fondi di sostegno alla cassa integrazione, perché i 9 miliardi stanziati devono essere effettivamente spendibili. So che usciremo dalla crisi e che ci sono realtà produttive che reagiscono meglio, ma mi preoccupa il ritardo col quale si muove l’esecutivo.”
«Confindustria ora l’ha capito Il peggio sta per arrivare»
Il leader della Cgil: si fermino sui contratti e torneremo a collaborare.
ROMA — Il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, dice che la crisi si aggrava e che il governo deve mettere sul tavolo soldi veri e il presidente del Consiglio la invita a un incontro martedì. Lei pure dice che la crisi è grave, ma Silvio Berlusconi fa spallucce e la Cgil si rifugia in piazza a protestare, senza neppure la compagnia di Cisl e Uil. Forse contate poco.
«Vedo con piacere — risponde il leader della Cgil, Guglielmo Epifani — che Marcegaglia dice oggi le cose che noi, inascoltati, avevamo già detto mesi fa, cioè che il picco della crisi stava per arrivare e che, visto il ritardo con cui il governo si muoveva, sarebbe stato peggio del previsto. E questo conferma che il problema non è contare poco o molto, ma avere o non avere ragione».
Il governo vi accusa di fare un’opposizione a prescindere.
«No, è che Berlusconi è un imprenditore e quindi è molto sensibile alle richieste della Confindustria. Solo che come capo del governo farebbe bene ad ascoltare anche il sindacato».
È una richiesta di incontro?
«Troverei giusto che il presidente del Consiglio, se vede gli imprenditori, vedesse anche noi».
Che cosa gli chiederebbe?
«Subito tre cose. Primo, di sbloccare i fondi per i sostegni ai lavoratori in cassa integrazione o che perdono il lavoro, perché i 9 miliardi stanziati devono essere effettivamente spendibili. Secondo, di lanciare un vasto programma di interventi in opere pubbliche, ma non quelle grandi che non si sa mai quando si fanno, bensì quelle piccole, nei comuni, per la manutenzione, che subito avrebbero effetti. Terzo, un piano di politica industriale e di interventi per uno sviluppo ecosostenibile».
Non sembrano richieste molto diverse da quelle della Confindustria, ma allora, in una crisi come questa, non avrebbe più senso unire gli sforzi di imprese e lavoratori invece di scioperare?
«Non siamo stati noi a scegliere il conflitto. È il governo che ha voluto rompere con la Cgil nel tentativo di isolarla. Io, di fronte a questo disegno, avevo chiesto al presidente della Confindustria di fermarsi, sottolineando che la priorità da affrontare era appunto l’aggravarsi della crisi e non certo la riforma della contrattazione. Ma Marcegaglia non si è fermata e ha firmato un accordo separato, senza la Cgil. Dunque non è colpa nostra».
Ma si tratta di un accordo che, bene che vada, avrà effetti non prima di un anno. C’è ancora da tradurre l’intesa quadro del 22 gennaio in un accordo di settore con Confindustria.
«Appunto. Noi continuiamo a non essere d’accordo su questo nuovo modello contrattuale, a pensare che ci si dovrebbe fermare e concentrare invece sulle risposte da dare alla crisi. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo».
È un ultimo appello a Marcegaglia a ripensarci?
«Non è questione di appelli, ma di capire quale è la vera priorità in questa fase. È chiaro che se questo avvenisse, sarebbe un segnale molto importante».
Intanto il 4 aprile si avvicina. La Cgil prepara la manifestazione contro il governo. Più politica che sindacale?
«Noi facciamo sindacato. E comunque faccio osservare che tutte le nostre iniziative di lotta sono servite a governare una rabbia e una protesta che sono diffuse e che in altri Paesi sono esplose, come in Grecia o in Francia dove, l’altro giorno, i dipendenti della Sony hanno sequestrato per una notte l’amministratore delegato che aveva annunciato licenziamenti. E non è un caso se il sabato prima della nostra manifestazione il sindacato inglese ne farà una a Londra sugli stessi temi».
In Italia il governo è convinto che i 9 miliardi aggiuntivi stanziati per gli ammortizzatori sociali basteranno a sostenere i lavoratori a rischio. È d’accordo?
«Se fossero davvero spendibili, può essere. Per il momento osservo che in Veneto, Lombardia e Piemonte ancora non è spendibile un euro per la cassa integrazione in deroga. Le procedure sono complicate e poi, per gli apprendisti e l’artigianato, resta il problema dell’intervento obbligatorio degli enti bilaterali, altrimenti il sussidio non scatta. Anche di questo vorrei parlare col presidente del Consiglio».
Non le viene mai il dubbio che a forza di lanciare allarmi la Cgil pecchi di catastrofismo? Il sociologo Giuseppe De Rita è convinto che l’Italia digerirà la crisi meglio di altri grazie al suo policentrismo.
«Lo so anche io che usciremo dalla crisi e che ci sono realtà produttive che reagiscono meglio, ma mi preoccupa il ritardo col quale si muove il governo. Faccio solo un esempio: sull’auto essere intervenuti con la rottamazione dopo gli altri Paesi ci è costato un taglio della produzione del 50% a dicembre e gennaio e se l’esecutivo avesse aspettato ancora, il settore avrebbe chiuso».
Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, dice che se la crisi è da debito non la si può risolvere facendo altro debito.
«Il governo non ha capito che questa è una crisi da domanda e che si risolve sostenendo la domanda. Tremonti è troppo preoccupato per lo spread fra i tassi dei nostri titoli di Stato e quelli tedeschi, ma gli ho detto che dovrebbe considerare due fattori: che lo spread dipende non solo dal livello del debito ma anche dalle prospettive di ripresa e che comunque la differenza tra il debito dell’Italia e quello degli altri Paesi si ridurrà vista l’entità delle risorse che gli altri governi hanno deciso di spendere».
Il Pd di Dario Franceschini, spostatosi più a sinistra, le piace di più?
«Condivido le proposte del segretario, ultima quella di un prelievo una tantum sui redditi superiori a 120 mila euro. La Cgil aveva proposto una cosa analoga oltre 150 mila euro. Credo che sia importante avere nel Paese un’opposizione politica che faccia con decisione la sua parte».
15/03/2009 Il Corriere della Sera (Enrico Marro)
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