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Epifani, un atto sgangherato ma il malessere sociale c’è

di Ufficio Stampa CGIL Siena | Maggio 18, 2009

Epifani, un atto sgangherato ma il malessere sociale c’è
16/05/2009 In un’intervista a il ‘Corriere della Sera’ il leader della CGIL dice: “Subito un tavolo su Fiat, il governo non stia alla finestra”

 «L’aggressione di un gruppo ben circoscritto», «l’ennesima prova di quanto sia sgangherato un certo modo di fare estremismo». Il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, vorrebbe parlare d’altro: della crisi, della Fiat e del governo «che fa tutto da solo». Ma nella giornata in cui il leader dei metalmeccani­ci del suo sindacato è stato tirato giù dal piccolo palco su cui parlava, l’argomento c’è tutto.

Che idea si è fatto dell’episodio di Tori­no, segretario?

«Una quarantina di persone, un gruppo circoscritto, ha fischiato Rinaldini e gli ha tolto il microfono, che poi ha ripreso».

Si trattava di Cobas, con cui spesso la Fiom ha manifestato.

«Con i Cobas nel passato abbiamo avu­to discussioni e confronti. Fiom ha una li­nea precisa e netta, però è sempre nel sin­dacato confederale. L’estremismo sta dal­­l’altra parte».

Teme una deriva violenta della conflit­tualità sociale?

«La situazione è delicata e si può aggra­vare, soprattutto se non si fa nulla».

Non vede in questi episodi un proble­ma di rappresentatività del sindacato?

«Il sindacato in questi giorni in Europa è stato presente con grandi manifestazio­ni, che puntano proprio a rimettere la per­sona al primo posto».

Il tafferuglio di Torino avrà conse­guenze?

«Il risultato di simili azioni è che l’ac­cento poi va a finire su altre cose rispetto a quelle di cui si dovrebbe parlare. Tipo la crisi del settore auto».

Il ministro Tremonti ha detto al «Cor­riere » che il crollo si sta fermando.

«Ha parlato di un rallentamento della caduta, che è fisiologico, ma vuol dire pur sempre che la caduta continua. È inutile far finta di non vedere».

Silvio Berlusconi dice che «compito del governo è infondere fiducia».

«Eh no! Si è bloccata l’apocalisse, e va bene, ma c’è una significativa caduta della domanda mondiale che, per Paesi esporta­tori come l’Italia e la Germania, è molto grave. Senza alcun sostegno agli investi­menti e ai consumi, visto che lo stesso Tre­monti giudica marginale l’effetto della so­cial card, rischiamo la stagnazione».

La crisi rallenta. Con quali effetti sul­l’occupazione?

«Gli effetti della crisi sull’occupazione non si sono neppure prodotti tutti: penso a quello che può succedere alla petrolchi­mica, alla chimica, al made in Italy. Penso all’allarme dei costruttori dell’Ance… E poi sento Berlusconi dire che a drammatiz­zare sono solo l’opposizione e i giornali. Cioè che non farà nulla».

E lei che farebbe al suo posto?

«Tre cose ma importanti. Rendere più flessibile il patto di stabilità dei Comuni per far ripartire gli investimenti; raddop­piare la durata della cassa integrazione or­dinaria per evitare il conflitto sociale e au­mentare un po’ i redditi, perché la social card è troppo poco».

E sul piano fiscale?

«Auspico una maggior lotta all’evasio­ne e all’elusione perché ho l’impressione che i controlli si siano allentati».

Lei dice che il governo non fa nulla ma intanto il gradimento resta alto. Co­me lo spiega?

«Questo è un fatto tutto italiano. Forse dipende dall’abilità mediatica del presi­dente. Forse dalla disillusione che il cen­trosinistra ha seminato in questi anni».

E il sindacato non ha niente da rim­proverarsi?

«Noi abbiamo fatto 5 mila accordi con imprese e decine con le amministrazioni. Il Paese corre a due velocità: c’è quello do­ve i tavoli si aprono e quello dove si dice che la crisi è finita».

Ci sono pure tavoli da cui vi siete alza­ti e scioperi generali. È dialogo?

«Gli scioperi si fanno proprio quando manca il dialogo. Tremonti ha un bel dire che l’utilità marginale sta nel discutere per portare a casa qualcosa. Il problema è che il governo non discute né con noi né con altri. Perché non si fa un tavolo sul ter­remoto?».

Su cosa?

«La gestione emergenziale va bene, ma adesso stanno sorgendo problemi. Che succede se le case non arrivano entro l’in­verno? E perché la gestione sul posto è an­cora in mano alla Protezione civile e non agli enti locali?».

 Il tavolo sulla Fiat invece Marchionne vuole farlo dopo l’accordo con Opel, con­divide?

«Non è accettabile. Capisco la cautela di Marchionne perché la faccenda Opel mi pare più complessa di quella Chrysler, ma noi non discuteremo solo delle ricadute di quegli accordi sui nostri stabilimenti. E poi c’è un problema importante».

Quale?

«Che società ha in mente Fiat? Qui si sta facendo il primo gruppo automobilisti­co transnazionale: chi ne avrà il controllo? Siamo sicuri che sarà italiano? E il gover­no perché sta alla finestra?».

Si parla di snellimenti e chiusure di stabilimenti, tra cui quello di Pomiglia­no.

«In Italia si produce già poco, è inam­missibile ridurre ancora».

E’ vero che la Fiat, come ha ricordato Tremonti, ha fornito impegni sull’occu­pazione quando ha ottenuto gli incentivi dal governo?

«Avremmo voluto un accordo più espli­cito, ma l’impegno morale c’è. Anche per­ché è proprio grazie agli incentivi se Fiat sta facendo meglio degli altri».


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